Matteo Renzi vuole la legge elettorale in Aula entro fine anno e l’abolizione del Senato al più presto. Ma il suo ministro per le riforme Maria Elena Boschi, o meglio il dipartimento che le fa capo, commissiona solo ora uno studio comparato sui sistemi di voto e le forme di Stato con scadenza 31 ottobre 2015. Più di un anno dopo l’inizio della discussione in Parlamento. Costo per il governo? 75mila euro più Iva, se dovuta. E’ tutto nero su bianco in un bando sul sito della presidenza del Consiglio: l’avviso è stato reso pubblico il 24 ottobre e si chiude il 17 novembre. Di corsa sulla legge elettorale, di corsa per la riforma del Senato, in affanno per la spending review. Mentre il presidente del Consiglio corre e annuncia tabelle di marcia su tabelle di marcia per andare sempre più veloce, almeno a parole, i suoi ministeri mantengono i ritmi di sempre. A segnalare l’incongruenza è stato in commissione Affari costituzionali il deputato della minoranza Pd Giuseppe Lauricella. Non era a conoscenza del bando il sottosegretario Ivan Scalfarotto, ma ha assicurato spiegherà tutto nella prossima seduta. “Si vede che anche gli studi vengono fatti all’insaputa del governo”, ha commentato Emanuele Cozzolino dell’M5s. “Non posso essere a conoscenza di tutti gli avvisi pubblicati”, ha spiegato poi a ilfattoquotidiano.it Scalfarotto, “mi sono informato e si tratta di una gara al massimo ribasso, quindi molto probabilmente spenderemo meno di 75mila euro. Inoltre avremo una parte dei risultati anche prima, direi già a marzo. E soprattutto l’obiettivo è quello di avere uno studio che sia fruibile dai cittadini con power point e grafici”.

Insomma Renzi ha fretta oppure no? Questo i parlamentari proprio non riescono a capirlo. La legge elettorale comincerà ad essere discussa in Senato dal 18 novembre prossimo. E, stando alle scadenze immaginate dal leader Pd, sarà incardinata alla Camera a febbraio 2015. Senza contare l’abolizione di Palazzo Madama, già approvata in prima lettura e che presto sarà alla Camera. Comunque troppo presto per avere i risultati finali dello studio appena commissionato “sull’ordinamento di alcuni Paesi europei ed extra-europei in materia di sistema elettorale, forma di governo e forma di stato”. Un po’ come studiare dopo aver fatto un esame. Solo questione di tempi? Sì, a meno che in realtà le scadenze in testa al premier non siano già realisticamente più lunghe. Lauricella in Commissione ha fatto un intervento molto critico sulla riforme in generale, e soprattutto ha chiesto chiarimenti su quello che sarebbe il vero paradosso: che le riforme vengano bloccate in attesa del risultato dello studio. “Sarebbe opportuno capire”, ha detto, “se l’iniziativa ha carattere culturale o cognitivo”. Ipotesi impossibile, gli hanno risposto i due relatori, Francesco Paolo Sisto (Fi) e Emanuele Fiano (Pd), perché “l’iniziativa rientra nella autonomia del governo” e non blocca proprio niente.

Quindi lo studio, a quanto pare, è indipendente dall’iter delle riforme in Aula. Restano i dubbi sull’utilità per il Parlamento. “Quello che ci chiediamo”, ha detto Cozzolino a ilfattoquotidiano.it, “è perché lo stesso dossier non sia stato affidato agli uffici legislativi di Camera e Senato. Soprattutto nell’epoca della tanto sbandierata spending review. Che bisogno c’è di appaltare all’esterno un rapporto che potrebbero fare i professionisti che già sono stipendiati? Non lo abbiamo capito”. La schizofrenia è tra quello che viene dichiarato a portata di microfono e quello che poi succede in Aula. “Insomma Renzi”, ha concluso Cozzolino, “va sui giornali a dire che le riforme saranno approvate al più presto, ma poi le intenzioni sembrano diverse. L’unica conclusione che ne traiamo è che vogliano andare più lenti di quello che dicono. Se avessero fretta, avrebbe dovuto commissionare lo studio non appena arrivati al governo”. Insomma, il dossier non piace all’opposizione, ma neppure alla minoranza Pd che si chiede il perché di una decisione arrivata così in ritardo. “Chiedo”, ha detto Lauricella, “di conoscere le motivazioni che hanno indotto il Governo a commissionare una ricerca volta ad approfondire temi ampiamente dibattuti nel corso delle audizioni. Si ritiene che gli esperti retribuiti siano più competenti di quelli che non percepiscono alcun compenso?”.

Le spiegazioni dovrebbero essere date già nella prossima seduta della Commissione Affari costituzionali. “Fare la spending review”, ha specificato Scalfarotto, “non significa non spendere più soldi, ma spenderli bene. Ovviamente i nostri dipartimenti hanno il compito di tenere d’occhio quello che succede all’estero. Ed è proprio lo scopo dello studio commissionato: esaminare forme di stato e governo di Paesi europei e federali. Quindi non solo per quanto riguarda la legge elettorale”. Da Palazzo Chigi assicurano che l’obiettivo è quello di rendere più accessibile un percorso altrimenti complesso per gli elettori: “Non dimentichiamo”, ha concluso il sottosegretario, “che noi affronteremo anche un referendum costituzionale per l’approvazione dell’abolizione del Senato. E questo ci porta ad avere necessità di spiegare ai cittadini per che cosa andranno a votare”.

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