Nessun problema con Silvio Berlusconi. Dopo giorni di tira e molla sulla legge elettorale e di fibrillazioni sulla tenuta del patto del Nazareno, dalla sua poltroncina bianca a Porta a Porta Matteo Renzi si mostra sicuro: “I problemi, semmai, sono i Brunetta e i Fitto“. Oggi, dopo un incontro chiarificatore, Berlusconi e il dissidente pugliese hanno deciso di seguire una linea comune e tornare a collaborare per il bene del partito. Pace fatta, quindi, in casa degli alleati forzisti con cui il premier ha costruito l’impianto dell’Italicum e delle riforme costituzionali? Si può andare avanti insieme? “Speriamo. Litigare fa sempre male, improvvisamente FI mostra libertà interna: tutta insieme gli ha fatto male…”, ironizza l’ex sindaco con sicumera. Ma la conferma arriverà oggi, 12 novembre, alle 18, quando Renzi e l’ex Cavaliere si troveranno in un faccia a faccia che con tutta probabilità deciderà della durata della loro alleanza. [brightcove]3887225090001[/brightcove]

Renzi ora ha fretta e lo ribadisce ancora una volta: “Noi possiamo sempre discutere di tutto, ma questi sono dettagli e sui dettagli non voglio stare a perdere giornate e mesi”, risponde Renzi a chi gli domanda se nell’incontro si discuterà della soglia del 3% di cui Berlusconi non vuole sentir parlare. Renzi si sente in vantaggio e mostra sicurezza: nell’Italicum, dice, “c’è il tema della governabilità” e quindi stop ai “partitini che danno noia” a chi vince, “il premio di maggioranza al 15% e anziché fare le grandi ammucchiate chiamate coalizioni facciamo un meccanismo in cui chi arriva primo vince. Era l’idea di Berlusconi quando prendeva i voti, ora ne prende un po’ meno – altra frecciata – ma non penso che abbia cambiato idea”. L’importante è che sia chiaro un concetto: “Le regole del gioco si fanno insieme, ma questo non significa che se non sono d’accordo non si fanno. Io prima voglio farle, e poi insieme”.

Renzi si mostra  al solito sicuro di sé, ma con Berlusconi è guerra di nervi. L’incontro in programma sarà l’ultimo? “Sì, penso che sia l’ultimo incontro – ha continuato il presidente del Consiglio – ho fatto un’accelerazione, come i ciclisti ho fatto uno strappo in salita perché sulle riforme era entrata in circolazione l’idea che pur di non aver problemi si poteva far finta di niente, si buttava la palla in tribuna”. E per dimostrare “l’impegno della maggioranza” riguardo alle nuove leggi, Renzi stabilisce una nuova deadline: “Finire entro il 31 dicembre” la legge elettorale al Senato. “Corrano, facciano gli straordinari, lavorino sabato e domenica”, ma rispettino i tempi perché, entro l’anno, il governo vuole completare anche legge di stabilità e riforma del mercato del lavoro per poi, a gennaio, chiudere anche con la riforma costituzionale.

L’altra partita istituzionale aperta è quella sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica, ormai date in vista all’orizzonte. Giorgio Napolitano potrebbe dimettersi entro febbraio e dare l’annuncio dell’addio già in occasione del discorso di fine anno. Il presidente del Consiglio specifica che “non si tratta di un tema all’ordine del giorno” e quindi non è il caso di dire con chi il Pd si alleerà per eleggere il nuovo capo dello Stato: “E’ prematuro per dirlo, ma il metodo che va utilizzato, a memoria ha funzionato solo per Cossiga e per Ciampi, è cercare la maggioranza più ampia possibile. E’ il metodo migliore”. Ma Renzi ha chiesto al capo dello Stato di rimandare le sue dimissioni? “No, per un atto di naturale rispetto. Il presidente, che vedo molto lucido, presente e consapevole delle sue prerogative, deciderà quando dimettersi. Fino all’ultimo giorno leviamoci dalla testa di pensare che è stanco”.

La discussione si sposta poi su temi canonici: la legge di Stabilità e le richieste della minoranza Pd (“La minoranza Pd chiede sempre ma se si chiama minoranza c’è un motivo ed è perché ha perso. Non abbiamo fatto tutto questo lavoro per far scrivere la legge di stabilità a Fassina e quella del lavoro a Damiano“), i tagli alla spesa pubblica (“Penso che le Regioni un po’ di cura dimagrante la possono fare. Se c’è un’istituzione che ha qualcosa da farsi perdonare, quella si chiama Regione”, a cominciare dalla gestione della “sanità”), la ripresa economica (“Il primo trimestre positivo sarà ragionevolmente nel 2015, ma sono indicatori molto complicati”). Non manca un cenno all’esposto in Procura sul patto del Nazareno presentato dal M5S: ” Quando fa una cosa del genere uno gli fa un applauso, una standing ovation, gli dà il premio idiozia dell’anno“. Eppure la legge elettorale “va anche nella direzione di alcuni suggerimenti venuti da Di Maio, Toninelli e altri”: si vede che “quando se ne sono accorti, hanno liberato qualche deputato più estroso”

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