Stanno per essere licenziati 40 dipendenti dell’azienda Demasi di Gioia Tauro. Dove non è riuscita la ‘ndrangheta ci stanno pensando le banche e al danno si aggiunge la beffa: sì, perché gli istituti di credito sono stati condannati, in via definitiva, per usura ai danni dell’imprenditore Antonino Demasi che è in attesa di un risarcimento milionario. Soldi che non arrivano fino a quando non si conclude il procedimento civile con il quale l’imprenditore, sotto scorta dopo le minacce declan locali, ha chiesto agli istituti bancari un risarcimento di 215 milioni di euro. Nel frattempo, oltre alle linee di credito, le banche gli hanno chiuso anche i conti correnti e ora Demasi sarà costretto a mandare in liquidazione la sua azienda nonostante le commesse che gli consentirebbero, al contrario, di fare assunzioni. Una storia assurda che vede la Fiom schierata al fianco del “padrone”. “È paradossale quello che sta succedendo a Gioia Tauro“, racconta il segretario provinciale del sindacato Pasquale Marino che chiede l’intervento del governo. “Io ho subito l’usura e la Cassazione ha stabilito che la responsabilità è delle banche. – spiega Demasi – È da 11 anni che sto cercando di farmi restituire quanto mi è stato rubato. Più di quello che ho fatto non posso, adesso ho l’obbligo giuridico di chiudere l’azienda il primo gennaio. Licenzierò tutti ma continuerò a battermi contro il mondo bancario. Ci sono tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico. È importante avere ben chiaro chi sono i criminali e chi sono le vittime”. Già nell’aprile scorso, della vicenda si era parlato durante il congresso della Fiom. Ma le parole del segretario Maurizio Landini e di don Ciotti sono rimaste inascoltate di Lucio Musolino
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