reportAmo gli animali. E’ proprio questa la ragione per cui non mi è del tutto piaciuta l’ultima puntata di Report, soprattutto la prima parte intitolata “Siamo tutti oche”. A costo di risultare insensibile confesso che domenica scorsa, intorno alle ore 22, non sentivo affatto l’urgenza di assistere allo spiumaggio coatto delle oche ungheresi.

Il fatto è che già da tempo sospettavo che le piume dei piumini d’oca non abbandonassero spontaneamente le loro legittime proprietarie, per librarsi nei cieli azzurri del Belpaese, fino ad atterrare – grazie alla sola forza di gravità – nelle mani delle sapienti sarte italiane, che poi le depositano dentro ai giubbotti della Moncler.

Per carità, è giusto che ogni tanto qualcuno ci ricordi che non viviamo all’interno di un film della Disney, dove sarebbero le oche stesse a imbustare giulive le loro piume, e a recapitarle all’indirizzo del signor Moncler. Tuttavia, avrei gradito un avvertimento qualsiasi prima di vedere quelle scene, tipo un annuncio sulla brutalità delle stesse, per esempio. In quanto amante degli animali non trovo alcuna differenza fra quelle immagini, girate all’interno delle fattorie ungheresi, e le tante immagini di violenza fra umani, che spesso e giustamente vengono censurate dai Tg nazionali.

Mi sarei accontentato persino di un bollino rosso, o dell’effetto sfocatura sulle “nudità” delle oche, e invece niente. La Gabanelli ha voluto cominciare la sua ultima puntata di Report rovinandomi la digestione. E va già bene che mi sono recentemente convertito al vegetarismo. Non vorrei essere stato nei panni di coloro che quella sera hanno cenato a base di pâté de foie gras. Come minimo devono aver passato un pessimo quarto d’ora.

Poi per fortuna la trasmissione è andata avanti e, come spesso avviene nelle inchieste della Gabanelli, sono emersi alcuni dettagli sorprendenti. E’ davvero un peccato che a quel punto la maggior parte dei telespettatori si fosse già trasferita sulla rete, allo scopo di dichiarare una delle più aspre guerre mediatiche della storia recente, nei confronti di Moncler. Il programma infatti, si è fatto via via più interessante. Perciò, sarà per deformazione professionale, sarà perché sono convinto che cambiando l’ordine cronologico degli snodi narrativi si sarebbe ottenuto un racconto persino migliore, mi sono preso la briga di ricostruire la scaletta della puntata a mio piacimento.

1 – Tanto per cominciare avrei esordito con la vera notizia, e cioè che nel nostro paese – nonostante la recessione, nonostante che i paninari degli anni ottanta si siano estinti già da tempo, e soprattutto nonostante le migliaia di anatidi che ogni anno “ci lasciano le penne” per incrementare il fatturato dei giubottari italiani ed esteri – ci sono ancora un mucchio di persone disposte a pagare più di mille euro per un piumino d’oca;

2 – Avrei proseguito con quel bel servizio sulla Transnistria, che non è un luogo di fantasia inventato dalla Gabanelli per il suo ultimo romanzo fantasy, bensì una nazione indipendente, autoproclamatasi tale, essenzialmente allo scopo di confezionare i piumini dei marchi più prestigiosi;

3 – a questo punto avrei mandato quell’altro bel servizio sugli artigiani italiani che confezionavano i piumini per la Moncler – e per molti altri brand. Grazie a Gabanelli & co. infatti, ho scoperto che quegli artigiani, essendo vittime della delocalizzazione delle imprese nazionali del settore, si stanno estinguendo alla velocità delle oche fiamminghe;

4 – solo alla fine, sui titoli di coda, avrei mandato le immagini delle oche maltrattate. Magari evitando le scene più scabrose, magari senza commenti, accompagnate solo da una struggente musica di sottofondo. Avrei giusto evitato “la morte del cigno” per non risultare troppo banale.

Ebbene, forse in questo modo Report non si sarebbe aggiudicato il record stagionale degli ascolti, ma io almeno avrei digerito le mie melanzane alla parmigiana.

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