“Noi dentro quel palazzetto c’eravamo e quello che è successo è anche una nostra responsabilità”. Luca Vettori, schiacciatore della nazionale italiana di volley è tra i tanti atleti che hanno deciso di mobilitarsi per Ghoncheh Ghavami, la 25enne britannico-iraniana detenuta nel carcere di Evin, alla periferia di Teheran, per aver commesso il “crimine” di voler assistere ad una partita. In campo contro l’Iran, quel 20 giugno 2014, c’era proprio la nazionale maschile italiana. Per questo il mondo del volley si è impegnato in una campagna di sensibilizzazione perché Ghoncheh Ghavami venga liberata e nel fine settimana su tutti i campi di serie A – sia maschile che femminile – sarà esposto uno striscione con la scritta: “FREE GHONCHEH”. “Ero in campo con la Nazionale quel 20 giugno”, dice Vettori a ilfattoquotidiano.it, “ma lì per lì non ci siamo accorti di nessuna turbolenza, anche se vedevamo  fuori dal palazzo dello sport che alle donne non era permesso entrare. Quando la storia di Ghoncheh è tornata alla ribalta mi sono attivato in prima persona e ho chiesto alla mia società di fare qualcosa. Così insieme alla squadra femminile di Modena stiamo realizzando un video, ogni giocatore nella propria lingua, per chiedere che la ragazza venga liberata. Violare i diritti di qualcuno è violare i diritti di tutti”.

Lo schiacciatore Vettori: “Noi c’eravamo e siamo responsabili”

La situazione della giovane iraniana è sempre più critica. Sulla pagina Facebook, aperta dal fratello Iman, per sensibilizzare l’opinione pubblica, si legge: “Sebbene nei giorni scorsi gli organi di stampa nel mondo riportassero la notizia della sua condanna a un anno di reclusione, Ghoncheh Ghavami non ha ancora saputo nulla della sua condanna. Dopo 129 giorni Ghoncheh non ha ancora incontrato il suo avvocato, Mr Tabatabaee, tranne in occasione dell’udienza. In segno di protesta per essere lasciata nel limbo, Ghoncheh ha smesso di bere acqua, liquidi e cibo e la sua vita è seriamente in pericolo. Ha anche smesso di collaborare con le autorità del carcere rifiutando la telefonata settimanale ai suoi genitori. Questo è il secondo sciopero della fame di Ghoncheh. Alla fine di settembre lo sciopero della fame durò 14 giorni per chiedere al tribunale di decidere sul suo caso. Ha interrotto lo sciopero solo quando la corte si è riunita”.

I primi ad attivarsi sono stati i ragazzi della Pallavolo Padova che domenica scorsa si sono fatti fotografare con il cartello: “La pallavolo non è un reato”. “Questa ragazza va sostenuta e aiutata – commenta Mattia Rosso – , lo sport deve essere un punto di unione”. Così anche il capitano della nazionale Emanuele Birarelli: “E’ assurdo che siano ancora presenti certe discriminazioni. Al di là che la cultura di un paese non debba essere per forza simile a quella occidentale, è fuori discussione che ci deve essere egual trattamento tra uomini e donne in tutto il mondo”.

Il capitano della nazionale Birrarelli: “Discriminazioni assurde”

Anche le atlete azzurre sono sensibili ai diritti delle loro coetanee. A farsene portavoce è Valentina Diouf, il nuovo simbolo della pallavolo italiana: “Sostengo fermamente la causa di Ghoncheh Ghavami. Spesso nella nostra vita non ci accorgiamo che nel mondo sono ancora presenti situazioni che limitano fortemente la libertà personale di alcuni individui: nel suo caso non riesco nemmeno a pensare come nel 2014 sia possibile vietare a qualcuno l’ingresso a una partita di volley e come si possa arrivare ad arrestare una ragazza che ha semplicemente cercato di essere una persona come tutte le altre. Spero che il nostro gesto contribuisca a sensibilizzare ancora di più la politica, e le coscienze, al fine di risolvere questa ingiustizia, barbara e medievale”. La pallavolo è in prima linea. “Adesso speriamo che anche gli altri sport ci seguano”, conclude Vettori.

La pallavolista Diouf: “Ingiustizia barbara e medievale”

Ma non è di oggi la vicinanza della pallavolo al tema. La nazionale maschile proprio qualche giorno prima della partenza per la trasferta di giugno in Iran, aveva realizzato un video per chiedere alle autorità locali che le donne potessero tornare a vedere il volley. E’ dal 2012, infatti, che è proibito loro l’accesso al palazzetto. Provvedimento che arriva 33 anni dopo il divieto di assistere alle partite di calcio. Ora, grazie all’appello del Presidente FIVB Ary Graca, anche le Federazioni di tutto il mondo sono coinvolte e viaggiano in parallelo con Amnesty International, che ha adottato Ghoncheh come prigioniera di coscienza e continua a chiederne il rilascio alle autorità iraniane.

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