“Io non sono il capo di una banda di burocrati”. “Io in Europa non vado con il cappello in mano”. Jean Claude Juncker contro Matteo Renzi. Il presidente della Commissione europea ribatte al presidente del Consiglio. Che su Twitter prima e poi intervistato da Ballarò su Rai 3, rincara la dose: “E’ cambiato il clima per l’Italia, in Europa non vado a dire ‘per favore ascoltateci’, non vado con il cappello in mano. Non vado a Bruxelles a farmi spiegare cosa fare e l’ho spiegato anche a Barroso e Juncker”.

“Devo dire al mio caro amico Matteo Renzi che io non sono il capo di una banda di burocrati, forse lui lo è. Io sono il presidente della Commissione Ue, istituzione che merita rispetto, non meno legittimata dei governi”. Così Jean Claude Juncker, appena insediato alla presidenza del nuovo esecutivo europeo, ha risposto a una domanda del capogruppo del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber che gli chiedeva un commento alle parole del premier Matteo Renzi. Il quale, a margine dell’ultimo Consiglio europeo, ha attaccato “tecnocrazia e burocrazia di Bruxelles”. “Se la Commissione avesse dato ascolto ai burocrati il giudizio sul bilancio italiano sarebbe stato molto diverso“, è stata la velenosa replica di Juncker. Chiaro riferimento al via libera preventivo incassato il 29 ottobre dalla legge di Stabilità firmata da Renzi e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Insomma, uno scontro in piena regola.

E dire che, a cavallo della presentazione della manovra italiana, Juncker era considerato dal presidente del Consiglio una specie di asso nella manicaL’uomo sulla cui sponda l’ex sindaco di Firenze pensava di poter contare per evitare la “bocciatura” minacciata dal predecessore José Manuel Barroso. Con cui non sono mancate esplicite polemiche, ultima della lista quella seguita alla pubblicazione sul sito del Tesoro della lettera in cui l’allora commissario agli Affari economici Jirky Katainen (ora vicepresidente di Juncker) chiedeva chiarimenti su alcuni punti del piano di bilancio per il 2015. Ora la situazione è ribaltata. Juncker risponde all’inquilino di Palazzo Chigi con evidente fastidio. Pessimo preambolo nel giorno in cui la Commissione ha diffuso le nuove previsioni d’autunno, non buone per l’Italia, alla cui luce le manovre di bilancio dei Paesi membri saranno valutate in modo più approfondito. E Katainen ha già avuto modo di spiegare che l’assenza di “deviazioni significative” dalle regole del Patto di stabilità non mette al riparo da eventuali richieste di “ulteriori misure o correzioni”.

Quanto al “forse lui lo è”, il rimando è all’apparente asse italo-britannico emerso durante l’ultimo dell’ultimo Consiglio Europeo, lo scorso 24 ottobre. Quel giorno Renzi ha detto che il problema dell’Europa non sono gli extra-costi sul bilancio Ue ma, appunto, “la tecnocrazia e la burocrazia”. Poco prima il capo del governo italiano era stato citato dal premier britannico David Cameron, che gli aveva attribuito la definizione “arma letale” per indicare i 2,1 miliardi in più richiesti da Bruxelles al Regno Unito per l’aggiustamento del bilancio: “Cito la reazione del premier italiano quando queste cifre sono state presentate: ha detto che questo non è un numero, ma un’arma letale”. Lo stesso Renzi poco dopo ha rettificato sostenendo di non aver mai parlato di “arma letale”. Ma il danno, evidentemente, era fatto. E adesso a poco valgono le precisazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, che ha tentato di metterci una pezza dichiarando: “Nessuno dice che Juncker sia un tecnocrate, ma è bene per l’Italia e l’Europa che non dia troppo ascolto ai tanti tecnocrati che lo circondano. L’Europa, non solo l’Italia, paga le scelte passate dell’Unione, segnate da una fede cieca in automatismi di bilancio che hanno prodotto danni per tutti”. Ed “è comunque da salutare con favore un po’ di sano confronto. E’ il segno della riscoperta della politica in Europa”.

Tornando all’oggi, a dare il la al nuovo numero uno della Commissione è stato Weber, che gli ha chiesto “cosa pensa del premier italiano che non vuole farsi dettare la linea dai tecnocrati di Bruxelles”. Anticipando di ritenere “inaccettabile” quella posizione. Da lì la replica piccata. Non prima che intervenisse anche Gianni Pittella, presidente del gruppo dei socialisti e democratici europei, che ha difeso l’esecutivo italiano dicendo che “quello che valgono sono le decisioni finali, non le espressioni che si usano”. E “il governo italiano ha avuto un comportamento irreprensibile“.  Dunque “non accetto che si mettano in discussione le posizioni assunte dal governo Renzi in Europa, sempre leali, chiare e costruttive“. Juncker ha poi spiegato di essere “sempre stato convinto che i Consigli europei servano per risolvere i problemi, non per crearli. Personalmente prendo sempre appunti durante le riunioni, poi sento le dichiarazioni che vengono fatte fuori e spesso i due testi non coincidono”.

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