La European Banking Authority (Eba, l’organismo che controlla le banche europee), insieme alla Banca Centrale Europea e ai soliti governi amici, ce la mettono tutta per diffondere in giro l’idea che il controllo sulla solidità patrimoniale delle banche europee sta diventando una cosa seria. E che a programma di consolidamento terminato (nel 2016), il rischio di default per le banche europee sarà sostanzialmente scongiurato.

Intanto però rischiano di farne fallire qualcuna subito, perché a tirare il collo alle galline, qualche volta capita anche che muoiano.

In un sistema che ha già i suoi “stress” veri e naturali (con quello che gira di questi tempi nel campo della finanza globale!), sottoporre le banche a vincoli rigidi di capitalizzazione nel momento peggiore per farlo appare del tutto velleitario e contribuisce ad aumentare la sofferenza non solo delle banche, ma di tutto il sistema economico europeo.

Infatti lo “Stress Test” non è una revisione approfondita sullo stato di salute della banca, ma è solo una valutazione economico-finanziaria, compiuta dalla Eba, per valutare la consistenza del capitale sociale in rapporto al capitale amministrato. Non mi dilungo ad illustrare la metodologia usata, dato che è materia estremamente tecnica ed entra in profondo nella “galassia” estremamente variegata dei bilanci delle banche, dove è possibile trovare di tutto. Infatti gli stessi analisti, analizzando l’”Asset Quality Review” (Aqr, cioè la qualità dell’assetto patrimoniale delle banche in esame), hanno dovuto inventarsi un indicatore, il “Common Equity Tier 1” (Cet1, capitale proprio di primo livello), che accoglie per il calcolo solo quelle voci di sicuro affidamento, utili a fornire anche un rapporto omogeneo tra tutte le banche, per fornire un indice di solidità patrimoniale agevolmente confrontabile.

Naturalmente le banche più forti e rappresentate in sede istituzionale hanno avuto, tra le voci considerate per l’analisi, quelle che a loro facevano più comodo, tra le inutili proteste delle altre che si devono semplicemente adeguare. E l’Italia è la prima ad essere penalizzata, perché da troppo tempo ormai è orfana di politici capaci, seri e rappresentativi (come fanno notare anche gli economisti de Lavoce nel loro recente articolo sul blog del Fatto: “Qualche domanda sullo stress test Eu”). Le banche Italiane infatti hanno una operatività più tradizionale rispetto a Germania, Francia e Spagna, che sono molto più esposte nelle operazioni finanziarie più rischiose. Ma questa è diventata una colpa invece che un pregio, nella finanza globalizzata.

Quindi nella sostanza lo “stress test”, benché utile ad individuare in qualche misura la debolezza patrimoniale della banca è però ben lontano dal riuscire a mettere al riparo sia la banca individualmente che il sistema bancario nel suo insieme dal rischio di fallimento nel caso scoppiasse una crisi come quella vista nel 2008 negli Usa.

Prima ancora di cominciare a fare i test l’Eba si è accorta però che, nella sua prima versione, lo stress test avrebbe messo in “buca” più banche di quelle che sarebbero risultate idonee, così ha modificato i parametri in modo da far emergere solo quelle più malridotte. Ma occorreva davvero fare lo stress test per sapere che Montepaschi e Carige erano messe male? Praticamente lo sapevano già tutti anche da prima, e questa inopportuna “pagella” potrebbe diventare l’azione vile e inutile del “Maramaldo” che uccide l’uomo morente.

Ma c’è di peggio. Infatti, benché la “purga” dello stress test e dei collegati Basel 1-2-3 con tutte le loro regole spaccatempie e perditempo necessiti ancora qualche anno per arrivare a regime (la prossima grande crisi potrebbe arrivare molto prima) possiamo davvero credere che questa somministrazione di “aspirine” per il sistema bancario riuscirà a mettere il sistema al riparo da uno scivolone come quello di cinque anni fa?

Sembra che i deficit patrimoniali individuati dalla Bce (grazie a questo test?) siano pari a circa 25 miliardi di euro, distribuiti su 25 banche. Tutto qui? Qualcuno vuole davvero farci credere che con 25 miliardi di faticosa ricapitalizzazione, ma lasciando le banche fare ciò che vogliono, il sistema globale sarà al riparo dallo tsunami finanziario che si scatenerà alla prossima crisi?

Il Tesoro Usa, nel 2008, dopo il fallimento della Lehman Brothers, ha messo a disposizione pressoché immediatamente 800 miliardi di dollari alle banche pericolanti. Ma anche diverse altre azioni a sostegno e garanzia della loro attività.

E l’Europa cosa fa? Intanto trasferisce con il Qee1 (Quantitative Easing Europeo 1) un po’ di “derivati indigesti” dalla pancia delle banche a quella della banca centrale (così consentirà loro di fare nuove operazioni finanziarie a go go anche in presenza dello stress test) poi, quando arriverà la crisi…

… sappiamo già coma andrà a finire: il conto lo mandano al contribuente!

Dallas, Texas

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