Una grande famiglia pronta a dare una mano a chi ne ha davvero bisogno. Questo è Salvabebè Salvamamme onlus secondo Maria Grazia Passeri, Presidente dell’associazione attiva sul territorio capitolino da oltre 15 anni per aiutare le mamme in condizioni di grave indigenza economica. E proprio di questi giorni è l’inaugurazione del progetto Nursery in rete, il negozio gratuito più grande d’Europa per il rifornimento di beni di prima necessità per bebé da 0 a 12 mesi.

L’iniziativa è sostenuta dal bando “Un taglio alla povertà” della Regione Lazio, che sdoganerà all’associazione 250mila euro, di cui 68mila esclusivamente mirati all’acquisto di alimenti, capi di vestiario, prodotti per l’igiene, mentre il resto destinato a coprire le spese per logistica, pulizia, sicurezza, trasporti, tintoria. In attesa di ricevere il finanziamento, il quartier generale di Nursery in rete di via Carlo Ramazzini 15 a Roma è già in pieno fermento. «Siamo attivi in realtà dallo scorso 28 luglio e abbiamo già assistito 370 famiglie, di cui quattordici con gemelli. Vogliamo triplicare però l’impegno promesso: l’obiettivo, infatti, è di arrivare e superare quota 1000», racconta Maria Grazia Passeri. «Abbiamo anticipato l’inaugurazione del centro, perché la crescente affluenza di persone ha sottolineato quanta necessità ci sia di questo servizio. La malattia e la povertà sono condizioni davanti alle quali non possiamo, né vogliamo, chiudere gli occhi».

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Nei primi mesi di attività sono stati infatti raccolti e distribuiti circa 7500 prodotti, in particolare vestiti, carrozzine, fasciatoi, passeggini e pannolini, per un valore complessivo pari a 178mila euro. Non mancano anche alimenti speciali per bambini con particolari esigenze, così come il supporto psicologico per le famiglie. La procedura di presa in carico da parte dell’associazione inizia con un appuntamento telefonico: le mamme sono indirizzate dai servizi sociali dei municipi, delle Asl e degli ospedali, oltre che da Associazioni del Terzo settore, ma può accadere anche che bypassino gli step canonici. «A volte capita che gli italiani in difficoltà provino imbarazzo a rivolgersi ai servizi sociali. Così arrivano direttamente a noi. Noi valutiamo caso per caso, a seconda della reale necessità della mamma e del bambino che abbiamo davanti, e interveniamo direttamente, qualora riteniamo che il bisogno sia effettivo. Le carte poi le compiliamo in un secondo momento, perché la burocrazia non può essere più urgente di un bambino malato e denutrito o di una donna in gravidanza in evidente stato di bisogno».

Accanto alle famiglie italiane che si rivolgono al servizio, circa il 15 per cento in continua crescita, ce ne sono molte straniere, appartenenti a quarantacinque nazionalità differenti: peruviane, nigeriane, romene seguono a ruota il numero di utenti italiane. Molte inoltre le ragazze madri, circa il 12 per cento, e diversi sono i casi di donne coniugate che si ritrovano a portare avanti da sole la famiglia, dopo l’abbandono del compagno che pure ha riconosciuto il figlio, ma senza contribuire economicamente al mantenimento. Inoltre, il 47 per cento delle donne che si rivolgono a Nursery in rete è disoccupato, pur avendo un alto livello di scolarizzazione.

L’associazione si pone come un oasi in cui mamme e neonati possano riappropriarsi della dignità attraverso il soddisfacimento dei bisogni primari, ma i problemi non mancano. «Non lasciamo nessuno senza un sostegno. Ma abbiamo difficoltà legate alle spese di acquisto di congelatori per le riserve alimentari, ai trasporti e al reperimento di un posto in cui stipare tutti i beni raccolti. L’ideale sarebbe trovare un luogo unico e grande grazie al quale poter abbattere tutti i costi. Speriamo in futuro di trovarlo, per il momento, però, andiamo avanti così».

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