Oltre 100 mila persone non sono morte. Difficilmente sarebbero arrivate tutte vive. Forse la maggior parte non si sarebbe salvata. Grazie all’operazione Mare Nostrum sono salite su navi attrezzate con cibo, coperte e vestiti, medicinali e spesso anche con mediatori culturali e addetti al riconoscimento e alla richiesta d’asilo. Questa dovrebbe essere una notizia della quale andare orgogliosi. Una strada buona che il governo ha imboccato un anno fa, una scelta che avrebbe dovuto rivendicarsi. E infatti sono tutti molto contenti di come è andata. Ciononostante l’operazione Mare Nostrum è destinata ad essere chiusa.

Giusi Nicolini, la sindaca di Lampedusa, ce lo ricordava qualche giorno fa durante il festival Sabir che “lo Stato siamo noi, ogni cittadino, io sono lo Stato, il sub che è andato sott’acqua a prendere i cadaveri, l’uomo dell’esercito che li trasportava dalla banchina al camion, l’uomo che trasportava i morti col camion frigo, il poliziotto della scientifica che prelevava il dna, l’uomo della guardia costiera che ha rischiato la sua vita per salvare quella dei migranti: questo è lo Stato”, mentre i governi sono un’altra cosa “possono sbagliare o cambiare i destini delle persone in meglio”.

Ecco! Vedere i soldati che invece di essere pagati per ammazzare la gente ricevono uno stipendio per salvarla me li fa sentire più vicini al sub, all’uomo col camion frigo e anche a me: più vicini all’idea di Stato. E invece il governo decide di chiudere Mare Nostrum. Non la sostituisce Triton. Le navi che verranno usate in questa nuova operazione sono probabilmente molto diverse e meno attrezzate perché la sua missione è controllare i confini, non salvare esseri umani. Infatti si fermeranno ad una trentina di miglia dalle coste. Non accadrà quello che è accaduto per un anno con le grandi navi della marina italiana che arrivavano a poche miglia dall’Africa e di fatto creavano una sorta di corridoio umanitario.

Qualcuno dirà che proprio questa vicinanza è un incentivo ad organizzare barconi, ma non è così. Chi parte in cerca di lavoro normalmente vive in un paese povero, ma con la possibilità di spostarsi in treno o in aereo. I cinesi non vengono in barca e spendono meno di un eritreo che fugge dal suo paese. Chi affronta un viaggio da incubo durante il quale deve difendersi da ogni tipo di violenza non rischia la vita affrontando il mare col barcone perché sa dell’operazione Mare Nostrum. Lo fa e basta, non ha alternative. E gli scafisti sfrutteranno la maggior difficoltà nel raggiungere le nostre coste per alzare il prezzo del viaggio non per rallentare il flusso.

Quando la casa è in fiamme chiunque salta dalla finestra e non resta a bruciarsi solo perché in giardino invece dei pompieri con la rete ci sta un poliziotto gli ordina di rientrare. Qualcun altro si lamenterà per i 9 milioni che l’Italia ha speso per ogni mese di Mare Nostrum. Il contribuente ha pagato 1000 ero per ciascuna vita umana, più o meno un terzo di quanto Renzi vuole dare nei primi 3 anni di vita per i prossimi nostri concittadini che nasceranno. Qualcuno dirà che i nostri figli sono italiani, mentre quelli che arrivano in barca sono stranieri. Che insomma è meglio fare qualcosa per noi che per loro. Ma la differenza è che i nostri bambini nascono comunque, mentre loro vanno incontro alla morte.

Ce n’è un’altra di differenza: gli italiani che nascono sono scritti su un registro, gli stranieri che muoiono non li conta nessuno.

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