Marco Van Basten compie 50 anni. Sembra passata una vita da quando il Cigno di Utrecht decise di salutare per sempre San Siro e il calcio giocato. Forse perché gli infortuni che lo hanno perseguitato e costretto ad appendere le scarpette al chiodo anzitempo hanno lasciato gli appassionati di calcio orfani di un artista che aveva ancora molto da far vedere a San Siro e non solo. Colpa di quelle maledette caviglie che lo hanno tormentato fino all’addio, a soli trent’anni, anche se ormai Van Basten non giocava da quando ne aveva 28. Trent’anni che, per un calciatore completo come lui, sono niente: gran fisico che, però, non lo penalizzava dal punto di vista tecnico e della velocità. Una macchina da gol. E di gol ne ha fatti tanti, nonostante i problemi fisici: 277 in 373 gare tra Milan e Ajax, tutto nell’arco di 13 anni. Una media che supera le 21 reti stagionali.

I tifosi del Milan se lo sono goduto per sette anni, punta di diamante di quella che da molti è considerata la formazione rossonera più forte di tutti i tempi. Quella degli olandesi, quella con Arrigo Sacchi in panchina (che, nonostante i successi, Van Basten non ha mai amato), quella che curava la tattica in maniera meticolosa ma non rinunciava allo spettacolo, semplicemente perché non poteva, non era nella sua natura. Sono arrivati così uno scudetto, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe, due Coppe dei Campioni, due Supercoppe Europee e due Coppe Intercontinentali, tutto nei quattro anni dal 1987 al 1991. Poi Sacchi se ne è andato, gli olandesi si sono sparpagliati in giro per l’Europa e per il Cigno di Utrecht sono iniziati i problemi alle caviglie, dazio da pagare per i numerosi infortuni che lo hanno perseguitato fin dai tempi dell’Ajax. Sono arrivati altri trofei, altri titoli di capocannoniere, un altro Pallone d’Oro (ne vincerà tre, ndr), ma il campione olandese gioca sempre più stringendo i denti.

I gol e i trofei lasciano sempre più spazio agli interventi chirurgici a quelle maledette caviglie (saranno quattro in tutta la carriera), l’ultimo nel 1993, un’operazione da cui non si riprenderà mai. Passeranno due anni in cui quello che è stato uno dei centravanti più forti della storia, ma anche più sfortunati, ha cercato di recuperare da una condizione fisica ormai incompatibile con il calcio, soprattutto ai suoi livelli. Nel 1995, allora, l’addio definitivo tra le lacrime di un San Siro a cui è stato strappato il suo campione. Un addio a cui Van Basten si è presentato in jeans e camicia, perché quelle maledette caviglie non gli hanno regalato nemmeno l’ultima partita da grande protagonista.

Il mondo del calcio gli ha sempre riservato un posto anche come allenatore: Ajax, Nazionale olandese, Hereenven, Az Alkmaar. Ma, come spesso succede ai grandi campioni, replicare in panchina le gesta del rettangolo verde è impossibile e si finisce così per non ripagare le aspettative dei tifosi. Meglio allora ricordare il Marco Van Basten con le scarpette ai piedi, quando ha battuto il portiere dell’Unione Sovietica agli europei del 1988 con un tiro al volo da posizione angolatissima, quando in tuffo ha scosso la rete delle merengues in uno storico Real Madrid-Milan di Coppa dei Campioni, stagione 1988-89, o quando con la maglia dell’Ajax ha segnato, a soli 22 anni, il suo più bel gol in rovesciata, contro il Den Bosch, mostrando tutta l’eleganza che si addice a chi si fa chiamare “Cigno di Utrecht”.

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