“Cancella e scusati per la dannosa campagna pubblicitaria della tua nuova linea di reggiseni”. È questo l’inizio di una petizione online (che in poche ore ha raggiunto già più di 800 firme) lanciata da tre ragazze inglesi contro la casa di intimo Victoria’s Secret. Per le tre studentesse di Leeds, il brand americano è colpevole di aver usato l’immagine di modelle in posa sovrastate dalla scritta “The perfect body“, “Il corpo perfetto”. Una campagna che “promuove uno standard di bellezza poco salutare e decisamente dannoso – si legge sulla petizione pubblicata sul sito Change – una scelta irresponsabile e dannosa che non tiene conto della diversità di ogni donna e sceglie di chiamare ‘perfetto’ un modello di corpo irreale”.

Per Frances Black, Gabriella Kountourides e Laura Ferris “ogni giorno le donne sono bombardate da messaggi pubblicitari mirati a farle sentire insicure del loro corpo per convincerle a spendere soldi in prodotti che si suppone possano renderle più felici e belle”. Una campagna, quella delle tre adolescenti, che ha preso piede anche con Twitter all’hashtag #iamperfect (“Io sono perfetta”). La petizione fa leva anche sulla popolarità del brand americano, sottolineando come proprio un marchio così noto non dovrebbe lanciare messaggi sbagliati “e giocare sulle insicurezze delle donne, proponendo un unico modello di corpo”, mettendo in fila modelle tutte uguali “sottili, e fin troppo magre”.

Pubblicità di questo tipo, si legge sulla petizione online, “non fanno altro che far abbassare l’autostima di ogni donna e farle credere di essere inadeguata e poco attraente perché incapaci di rientrare nello standard di bellezza che gli viene proposto”. Una pubblicità, concludono le tre adolescenti inglesi, “che incoraggia il diffondersi di gravi disturbi alimentari e di salute nel mondo femminile. E che per questo, deve essere fermata”. Quella del brand americano non è l’unica pubblicità incriminata di sessismo. Dalle mozzarelle ai fast food, passando dalle web company e dalle marche di vestiti. Un video de ilfattoquotidiano.it mostra quanto la pubblicità possa mettere le donne “in vetrina”.

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