Commuoversi davanti a un film che nulla contiene di commovente. Accade oggi, ultimo giorno del 9° Festival Internazionale del Film di Roma, per l’ultima performance del gigantesco attore che tuttora stentiamo credere scomparso. Philip Seymour Hoffman saluta così il suo pubblico, da protagonista assoluto nella più classica tra le spy story, generatosi da un romanzo di John le Carré, La spia – A Most Wanted Man, divenuto film nelle mani di Anton Corbjin e portato al festival come omaggio al grande interprete.

“Sono felice di esser riuscito a completare il film prima della sua scomparsa, altrimenti avrei rischiato addirittura di non terminarlo. È stato durissimo vederlo la prima volta dopo che Phil ci ha lasciato: ricordo che nessuno di noi, cast e troupe, voleva che la pellicola arrivasse in fondo. Con la tragedia che ha colpito Philip è chiaramente impossibile separare il ‘peso specifico’ del film dal triste evento, ma vi assicuro che la sua interpretazione è eccezionale a prescindere dallo sguardo a posteriori con cui la si osserva”, sottolinea il regista e fotografo olandese, arrivato a Roma insieme a Willem Dafoe, nel cast dell’opera che lo vede “corale” accanto a Rachel McAdams, Robin Wright, Nina Hoss e Daniel Brühl oltre ovviamente al “leading actor” assoluto, Seymour Hoffman.

Per Dafoe, che non conosceva il collega se non professionalmente e si trovava dunque alla prima collaborazione con lui, si trattava di “un attore geniale, un raro caso negli States di professionista che si muove indistintamente tra teatro e cinema. Ricordiamo tutti che Philip ha iniziato da caratterista per poi specializzarsi in personaggi sempre più complessi, espandendo il suo repertorio: lavorare con lui è stato facile ed eccezionale, non era presuntuoso, era collaborativo, diretto e capiva subito l’essenziale da capire. Ciò che posso dire di lui, alla fine, è che era un attore per cui non esiste un ‘tipo alla Philip Seymour Hoffman’”.

Il ruolo del compianto interprete è quello del capo di una piccola organizzazione anti-terroristica con base ad Amburgo, prevalente location di riprese ed ambientazione de La spia. Corbijn ricorda di aver preparato “con Phil il personaggio di Günther Bachmann partendo da quale lingua dovesse parlare, essendo un tedesco ed il primo ruolo “europeo” per lui. Abbiamo optato l’inglese con accento tedesco, anche per omogeneità con Nina e Daniel. La personalità era quella di un essere umano empatico, che crede in ciò che fa e spera in un mondo migliore, una persona contraria all’islamofobia, e quindi con un approccio ragionevole e non da crociato nel suo delicato lavoro”. Tale “morbidezza” è – di fatto – ciò che irrita i servizi segreti americani con base a Berlino (Robin Wright) che non gli facilitano il lavoro. Il contesto del libro di le Carrè, che ha dichiaratamente preso distanza dal film – offre uno scenario di drammatica attualità. “Certo – sorride Corbijn – mi rendo conto dell’urgenza tematica della trama, ovvero l’incedere dell’Isis e di conseguenze del nuovo clima di ‘terrore al terrorismo’, ma spero che il film abbia un valore anche come opera cinematografica, perché questa era ed è l’intenzione di tutti noi, inclusa quella del nostro indimenticabile Philip”. La Spia – A Most Wanted Man uscirà il 30 ottobre per Notorious Pictures.

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