Batti e ribatti, prove di vittoria e orgoglio ferito che porta a reagire proprio quando si sta per stramazzare al suolo. Napoli e Inter sono due belve ferite dal balordo inizio di campionato e a San Siro mettono in scena uno spartito piatto per oltre 70 minuti prima d’incendiare l’ultimo quarto d’ora con 4 gol che sono un compendio delle proprie difficoltà e regalano un punticino striminzito ad entrambe. Azzurri due volte in vantaggio con Callejon e raggiunti entrambe le volte dall’Inter una manciata di secondi dopo, prima con Guarin poi con Hernanes. E vivaddio, perché fino ad allora la partita era stata un monologo stanco dei nerazzurri, di un’altra pasta rispetto alle ultime uscite soprattutto per l’atteggiamento. Ma pur sempre fragili dietro quando il Napoli ha raramente messo il becco in attacco per cibarsi del disordine nel quale vive la retroguardia di Mazzarri, fischiatissimo da San Siro (come l’ex Benitez) all’annuncio delle squadre ed espulso dopo il primo pareggio dei suoi.

Perdere sarebbe stata una punizione troppo severa per una squadra con la cloche del gioco in mano fin dal primo minuto. Ovvero l’esatto contrario di quanto è avvenuto nell’ultimo mese. Tra Palermo, Cagliari e Fiorentina i nerazzurri avevano subito tre gol nel primo quarto d’ora. Davanti al Napoli invece gestiscono il ritmo fin da subito. Kovacic prova a creare superiorità numerica ma, soprattutto, i nerazzurri pressano con insistenza, non dando mai la possibilità a Inler e Hamsik d’innescare Callejon e Insigne. Il Napoli è fin troppo prudente, si difende in otto – ma capita anche che dietro la linea della palla si ritrovino in undici, tutti negli ultimi 30 metri – e costringe l’Inter a giocare ‘alla mano’ in stile quasi rugbistico. Una sfida che la squadra di Mazzarri è costretta ad accettare trasformando la partita in una sorta di assedio, sterile però e con poca verticalità nel gioco.

Il pubblico applaude convintamente quando Hernanes sradica l’ennesimo pallone dai piedi di Inler. Non c’è un uomo di Benitez che arrivi per primo sul pallone e Higuain non vede l’ombra di un invito verso la porta. L’unico tiro nello specchio è un graffio di Hamsik al 28’, per il resto la matrice del primo tempo è nerazzurra. L’unica pecca interista è l’imprecisione. Talvolta nell’ultimo passaggio, più spesso sotto porta: il 59 per cento di possesso palla si traduce in 14 tiri ma Rafael deve intervenire solo due volte e quando sarebbe battuto, su un gran tiro di Hernanes, è il palo a strozzare l’urlo della curva, fino a quel momento attiva soprattutto nell’insultare i tifosi partenopei con tutto il campionario di cori che con le regole dello scorso anno sarebbe valso certamente la chiusura del settore. 

Il Napoli abbozza una reazione negli ultimi cinque minuti e fa paura subito dopo l’intervallo lungo, quando Insigne pareggia i conti dei pali sprecando tutto solo davanti a Handanovic. Un brivido corre alle parole di Mazzarri sulla condizione fisica dei suoi, ma è solo un attimo. Poi tutto ricomincia come prima. Possesso palla insistito ma infruttuoso da un lato, il nulla cosmico – tranne un tiro di Callejon deviato – dall’altro. Non serve neanche il cambio dell’ectoplasmatico Hamsik a scuotere i partenopei, irriducibili a difendersi solamente. Così l’Inter non trova spazi nonostante Mazzarri butti nella mischia Guarin per Medel. Palacio non ha mai dieci metri per accelerare e Icardi resta impigliato tra i centimetri di Koulibaly e Albiol.

Ci prova Orsato a scaldare il pubblico con tre errori in pochi secondi. Poi si scatena la fine del mondo in 13 minuti palpitanti. Una botta di vita improvvisa per la partita. Prima Ranocchia si complica la vita su un rilancio e dalla rimessa laterale regalata al Napoli nasce il gol di Callejon, con la complicità di una testata sbilenca di Vidic e di Dodò totalmente fuori posizione. Su San Siro non fa in tempo a calare il gelo che Guarin butta in porta una spizzata di testa di Icardi sugli sviluppi di un corner. L’Inter si ributta in avanti ma viene ancora castigata da una giocata splendida di Callejon. Una fetta di pubblico guadagna l’uscita e viene colta dal secondo boato sui gradini dei torrioni di San Siro: cross di Dodò e perfetto stacco di testa di Hernanes. Sul gong c’è spazio anche per l’ultimo colpo di coda di Mbaye ma questa volta l’incornata si spegne a un passo dalla porta di Rafael e Orsato fischia la fine. Giusto così.

Twitter: @AndreaTundo1

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