Bandiera nera la vogliamo? No! E la bandiera nera dell’Isis è stata rimossa dalla collina di Tall Shair. Le curde e i curdi contrattaccano, sebbene in svantaggio numerico e privi ancora di armamenti adeguati, specie per effetto del criminale blocco della Turchia che impedisce a mezzi, soccorsi e combattenti di affluire nella zona, così come ha provocato la morte di vari feriti gravi, morti dissanguati alla frontiera. Una politica criminale di sostegno al terrorismo islamico, che come tale va denunciata in tutte le istanze internazionali.

La resistenza di Kobane continua. Come afferma il sito dell’Unione di informazione del Kurdistan: “Le bande di Isis continuano ad attaccare Kobane e le forze delle Ypg/Ypj continuano a resistere insieme alla popolazione. Siamo di nuovo a Kobane, che avevamo lasciato cinque giorni fa. I residenti di Kobane stanno continuando la difesa del loro paese contro tutte queste armi pesanti senza avere perso nulla del loro splendore. Combattenti delle Ypg/Ypj controllano la maggior parte della città provvedendo  a una sua efficace difesa. Le forze delle Ypg/Ypj, che dal giorno in cui ha avuto inizio la battaglia non hanno perso l’iniziativa neanche per un momento, stanno rispondendo con armi leggere agli attacchi di Isis con armi pesanti. I e le combattenti che stanno svolgendo operazioni contro le bande su tutti e tre i fronti stanno ottenendo risultati”.

A Kobane si sta svolgendo una vera e propria guerra di popolo contro il terrorismo dei fondamentalisti. Non ci sono del resto dubbi sul tipo di regime che costoro vorrebbero instaurare in tutta l’area. Una sorta di nazismo in chiave islamica, secondo il quale agli “eletti” sarebbero riservati tutti i beni, mentre gli altri dovrebbero essere costretti alla condizione di schiavi, quando non direttamente uccisi, come è avvenuto a vari giornalisti e all’avvocata Samira Al Nuaimy  torturata e uccisa per aver svolto il suo ruolo di difesa delle donne a Mosul e criticato su Facebook i terroristi.

Un’interessante analisi dell’ideologia dell’Isis è quella compiuta dalla giornalista Claire Talon, in un articolo riportato su Internazionale: “Il fenomeno dello Stato islamico può essere visto come la copertura di un’avventura coloniale che trova nelle periferie di Londra, Strasburgo e Stoccolma le reclute più adatte. Le motivazioni di questi combattenti spesso non hanno molto a che vedere con l’Islam”.

L’organizzazione terroristica in questione rappresenta quindi una davvero diabolica coniugazione fra il peggio della tradizione islamica e le esigenze di gerarchizzazione della società che sono insite nelle tendenze al fascismo del capitalismo contemporaneo. Coniugazione che trova del resto una sua espressione anche nei regimi reazionari della zona (Arabia Saudita, Turchia, Emirati, Oman, Qatar, ecc.), alleati strategici dell’imperialismo statunitense e che vogliono in tal modo rispondere anche alle esigenze di liberazione affermate dalle rivoluzioni arabe.

Come ha affermato la ricercatrice curda Dilar Dirik al Convegno svoltosi presso la Casa internazionale delle donne sabato scorso: “Is è solo la forma attualmente più estrema non solo di oppressione fisica delle donne; ma cerca anche di distruggere ideologicamente tutto ciò che la liberazione delle donne rappresenta. La lotta delle donne curde non è solo una lotta militare contro Is per l’esistenza, ma una posizione politica contro l’ordine sociale e la mentalità patriarcale alla base dell’ordine sociale e della mentalità patriarcale. Sfidare le strutture sociali attraverso la mobilitazione politica e l’emancipazione sociale, insieme all’autodifesa armata, è un contro potere sostenibile a lungo termine per sconfiggere la mentalità di Is. Le donne del Kurdistan si percepiscono come le garanti di una società libera. È facile usare adesso le combattenti curde per dare un’immagine simpatetica di un nemico di Is, senza riconoscere i principi che stanno dietro alla loro lotta. L’apprezzamento per queste donne non dovrebbe essere correlato soltanto alla loro lotta militare contro Is, ma anche al riconoscimento della loro politica, delle loro ragioni e visioni. Se ci sarà una vittoria contro Is, avverrà per mano delle donne curde”.

Opponiamo all’internazionale degli assassini prezzolati l’Internazionale delle donne e dei popoli in lotta per la loro liberazione. Kobane chiama!  Va chiesto con forza l’apertura di un corridoio umanitario e la fornitura di armi efficaci ai combattenti curdi. I fascio-islamisti no pasaran! Su questi temi avrà luogo un presidio venerdì pomeriggio prossimo 17 ottobre a Largo Argentina

Articolo Precedente

Ebola, Onu: “Fallimento internazionale”. La Casa Bianca: “Situazione seria”

next
Articolo Successivo

Lega, Salvini in Russia alla Duma: “No alle sanzioni Ue”. E la Padania lo celebra

next