Un fax, i risultati dell’autopsia e un orologio, quello al polso di Marco Pantani al momento della sua morte. Tre elementi pongono nuovi interrogativi riguardo all’orario del decesso del campione di Cesena, il 14 febbraio 2004, nella camera B5 del Residence Le Rose di Rimini. Il primo documento, il fax, individuava l’ora del decesso intorno alle 17, il documento definitivo, però, scritto dopo i risultati dell’autopsia, spostò la morte 4 o 5 ore indietro, tra le 11.30 e le 12.30.  Questa anomalia ha contribuito, insieme alle tante altre riscontrate nella camera dove Pantani è stato ritrovato senza vita, a riaprire un’indagine da parte della Procura di Rimini con l’ipotesi di omicidio. Un nuovo elemento, però, arriva a scombinare nuovamente le carte sul tavolo dei magistrati: l’orologio al polso del campione era bloccato sulle 4.55 (o le 16.55).  

Un elemento che pone dubbi sull’orario della morte e che si avvicina nuovamente alla prima versione data dal medico legale, Giuseppe Fortuni: il dottore inviò il fax al magistrato di Rimini, Paolo Gengarelli, due giorni dopo la morte di Pantani, alle 20.50 del 16 febbraio, dichiarando che il decesso poteva essere collocato intorno alle 17. Questo verrebbe confermato anche dall’orario indicato dall’orologio di Pantani, elemento ben visibile nel filmato della scena del crimine girato dalla scientifica, e visionato dal Corriere della Sera, ma inizialmente ignorato dagli investigatori. I tecnici spiegano che quel modello, un Rolex Daytona, è un cronografo molto sofisticato che può bloccarsi solo se rimane immobile per almeno 50 ore, oppure se subisce un forte colpo. Quel colpo l’orologio di pantani lo ha subito alle 4.55 o alle 16.55.

Non si può ancora dire con certezza se il Rolex di Pantani si sia fermato nel pomeriggio (il campione potrebbe averlo sbattuto anche durante la notte), ma l’idea che il cronografo abbia subito un forte urto confermerebbe la versione fornita dall’avvocato della famiglia, Antonio De Rensis, secondo la quale il campione romagnolo avrebbe aperto la porta ai suoi assassini, persone che conosceva, che lo avrebbero ucciso dopo una colluttazione e dopo averlo costretto a ingerire una dose mortale di cocaina sciolta nell’acqua, con l’obiettivo di depistare gli investigatori verso l’ipotesi dell’overdose. Anche la perizia effettuata sul cadavere, per conto della famiglia, dal professor Francesco Maria Avato parla di  “ferite sul corpo di Marco Pantani (che) non sono autoprocurate, ma opera di terzi”. Le indagini parallele svolte dall’avvocato dei familiari seguono la convinzione della mamma del ciclista, Tonina, che più volte ha rilasciato dichiarazioni ai media in cui si diceva convinta che suo figlio fosse stato ucciso: ”Me l’hanno ammazzato. La mia sensazione, sin da subito – ha detto la donna a Tgcom 24 – è che avesse scoperto qualcosa e gli abbiano tappato la bocca. Non vedo altre ragioni. Non mi sono mai sbagliata su Marco. Così come non credo che siano stati gli spacciatori”

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