Avevo qualche perplessità a intervenire sull’argomento. L’ultima volta che ho parlato di faccende che riguardavano la Juventus ho raggiunto il record personale di commenti negativi, per usare un eufemismo. Ma il dibattito che si è creato attorno alle vicende della partita di domenica scorsa mi sembra troppo interessante per restarne fuori e quindi vorrei dire la mia, non tanto su quello che si è visto in campo ma sui commenti che ha ispirato.
Ci sono, in questi commenti, due atteggiamenti che trovo irritanti, inutili e alla fine dannosi.

Il primo è quello “alla Tavecchio” che sposta il problema sul versante delle tecnologie. Introduciamo supporti tecnologici, la moviola in campo e così aiutiamo gli arbitri a non sbagliare valutazioni. A parte il fatto che in una partita ricca di episodi dubbi, come quella di domenica, il ricorso alla moviola sarebbe stato quasi continuo, con spezzettamenti del gioco all’infinito, c’è un altro problema che questa richiesta tace. Siamo proprio certi che la moviola potrà definire senza ombra di dubbio il punto in cui Pogba è stato atterrato? Di un’altra cosa, invece, siamo certi, del fatto che nessuna moviola potrà mai stabilire se un attaccante bianconero ostacolava la visuale del portiere della Roma sul tiro di Bonucci.
Se e quanto lo dovrà stabilire qualcuno e la moviola non eliminerà la presenza di un’interpretazione e di un interprete che dovrà assumersi la responsabilità della decisione. Sperando che sia oculato, imparziale, alieno da sudditanze.

E qui arriviamo al secondo atteggiamento fastidiosamente fuorviante che si è manifestato nella contesa giornalistica, quello che, affrontando le dichiarazioni post-partita di Totti, ha cercato di salvare capra e cavoli, ponendosi come al di sopra delle “fazioni” ma eludendo la sostanza del problema. E’ l’atteggiamento che potremmo definire “alla Sconcerti”, il quale, dall’alto della sua saggezza, sostiene che la Roma è stata danneggiata dagli errori arbitrali, ha buon motivo di essere arrabbiata ma non ha nessun diritto di evocare complotti.

Nessuno, però, ha parlato di complotti. Le cose sono andate ben diversamente dall’evocazione vaga di un complotto. Totti si è presentato davanti alle telecamere e con un tono molto pacato, persino un po’ malinconico, educatissimo – quasi un piccolo lord, un campione di galateo in confronto alle sguaiatezze di certe signore – ha detto di avere l’impressione che la Juventus goda di un trattamento speciale, che gli arbitri risolvano sempre i casi dubbi a suo favore. Nessun complotto, nessuna macchinazione, una semplice costatazione.
Alla quale si può rispondere in mille modi. Si può, seguendo l’indicazione della signora Agnelli, procedere alla delocalizzazione del pupone (dove? magari a Detroit, affidando la pratica a Marchionne), lo si può deferire e squalificare, come accadde moltissimi anni fa a Gianni Rivera che, per un caso simile, si prese dieci giornate di sospensione e lasciò il Milan in piena lotta per lo scudetto privo del suo capitano e campione (indovinate chi vinse poi quel campionato), oppure si può entrare nel merito della faccenda e dire che non c’è nessuna sudditanza, che gli arbitri semplicemente sbagliano in perfetta buona fede come sbagliano i calciatori, cosa che peraltro si diceva anche ai tempi di Moggi.

Quello che si dovrebbe evitare è di fare affermazioni che si presentano come profonde e definitive a partire da premesse inesistenti, affidandosi alla pura retorica. Il giornalismo è un’altra cosa, anzi l’esatto opposto.

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