Il virus Ebola si trasmette per “contatto diretto con una persona malata già sintomatica”. Questa è l’unica sicurezza riguardo alla diffusione della febbre emorragica che ha causato oltre 3.300 morti in 8 mesi dal primo caso registrato in Guinea. Nessuna prova, fino a ora, su un’eventuale possibilità di contagio per via aerea. Su questo punto i ricercatori stanno ancora studiando i vari casi e le caratteristiche dell’agente patogeno. Anche l’Onu ha confermato che non vi siano prove al riguardo anche se Anthony Banbury, capo della missione Onu in Africa occidentale, ha dichiarato nei giorni scorsi che “il virus dell’Ebola potrebbe mutare e diffondersi per via aerea se l’epidemia non verrà tenuta sotto controllo velocemente”. Una mutazione che, se avvenisse, risulterebbe disastrosa e complicherebbe decisamente il lavoro dei medici impegnati ad arginare la diffusione.

A fornire ulteriori informazioni riguardo alle modalità di trasmissione del virus e ai comportamenti da tenere in caso di criticità ci pensano i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), la massima autorità sanitaria negli Usa. L’agente, dicono, si diffonde per contatto diretto della pelle, attraverso ferite, mucose o membrane, con sangue o fluidi di una persona infetta. Il contagio può avvenire, sempre con le stesse modalità, entrando in contatto con aghi o siringhe che sono stati contaminati con il virusLa febbre emorragica diffusasi in Africa occidentale può essere trasmessa, però, non solo tra umani, ma anche attraverso gli animaliI Cdc fanno sapere che, comunque, non vi sono prove che il virus possa essere trasmesso attraverso aria, acqua o cibo.

Le persone a più alto rischio contagio sono tutti quei soggetti che, per vari motivi, sono a stretto contatto con soggetti che hanno contratto il virus Ebola, come i lavoratori della sanità e le famiglie che hanno rapporti con i malati. Se, però, una persona inffetta non ha ancora manifestato i sintomi della malattia, questa non è contagiosa, anche se il virus è in fase d’incubazione. Una volta guarito, il soggetto non può più diffondere la febbre emorragica, anche se tracce di essa sono state riscontrate nel liquido seminali di alcuni soggetti sani fino a 3 mesi dopo la loro guarigione. Per questo motivo, si sconsiglia di avere rapporti sessuali per i tre mesi successivi al ristabilimento del paziente.

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