Le applicazioni per dispositivi mobili, le app, scandiscono il mondo digitale. Smartphone, tablet, auto, le nostre stesse case sono vivacizzate dalle app.

Oltre 7 milioni sono quelle disponibili nel settore pubblico e privato, un numero che aumenta di oltre 30 mila unità al giorno. Le app facilitano molte attività che svolgiamo giornalmente, ma allo stesso tempo raccolgono una enorme mole di informazioni personali di cui non sempre si ha il controllo e se ne conosce fino in fondo la finalità.

Un monitoraggio digitale permanente.

Lo scorso anno a Varsavia, la 35ma Conferenza internazionale dei rappresentanti delle autorità per la protezione dei dati e la privacy si è discusso con preoccupazione circa l'”appificazione” della società nonché sulle sfide derivanti dalle applicazioni per dispositivi mobili.

Un settore, quello delle app, che costituisce peraltro un mercato molto ghiotto e nel quale molti colossi dell’hi-tech, in primis Apple e Google, ma anche Facebook, si sfidano senza esclusione di colpi.

Google ha speso per agli sviluppatori di app più di 5 miliardi di dollari lo scorso anno, Apple ne ha pagati 10 di miliardi di dollari nello stesso arco di tempo. Portando a 20 miliardi il totale sborsato da quando ha lanciato l’app store nel 2008. Secondo le ultime indiscrezioni, Facebook, impegnata nelle app biomedicali, starebbe elaborando una comunità online tramite la quale mettere in contatto gli utenti che soffrono della medesima malattia.

Anche se ancora in via sperimentale, Google ha deciso, però, di immaginare un futuro digitale diverso. Un futuro senza app, ma, non per questo, meno esente da rischi, sfide e opportunità.

Con la supervisione di Scott Jenson, esperto UX designer, impegnato a lavorare su Chrome dal novembre 2013, il colosso di Mountain View ha dato vita ad un nuovo progetto: The Physical Web.

Un nome da tenere bene a mente, perché da questo nome passa il futuro.

Con The Phisical Web, Jenson ha annunciato di volere fornire un’“interazione on demand”. La possibilità, cioè, di utilizzare qualsiasi dispositivo in grado di interfacciarsi con lo smartphone senza la necessità di applicazioni. Basterà avvicinarsi con lo smartphone a qualsiasi tipo di apparecchiatura per interagire con essa.

The Physical Web avrà uno standard aperto, non esclusivamente Android, dunque. Questo vuol dire, ad esempio, che se si camminerà nei pressi di una fermata dell’autobus, si potranno avere sul display del telefonino gli orari di quell’autobus, senza dover scaricare preventivamente un’app a ciò dedicata.

Pur non essendo inverosimile ipotizzare l’esistenza di rischi legati alla possibile dispersione o captazione di informazioni, The Physical Web si candida ad innestare una vera e propria rivoluzione culturale e digitale.

Gli analisti già prevedono una ulteriore impennata di device collegati al web nei prossimi anni.

Per Cisco si tratterà di 50 miliardi di dispositivi connessi ad Internet entro il 2020, mentre Intel prevede 15 miliardi di device già dal prossimo anno. Il progetto di Google renderebbe tutto molto più semplice e naturale.

“Le persone dovrebbero essere in grado di interagire con qualsiasi dispositivo grazie allo smartphone. Tutto dovrebbe essere solo sfiorato a distanza”, ha affermato Jenson.

Anche Apple è impegnata da tempo su questo fronte con iBeacon, dalla parola beacon, faro.

iBeacon è un sistema di proposta di contenuti che si basano su microgeolocalizzazione grazie al quale è possibile ricevere determinate informazioni in base al contesto in cui ci si trova. 

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