Fatture “in famiglia” tra un consulente del lavoro e una società di servizi per abbassare l’imponibile. La Direzione provinciale II di Torino dell’Agenzia delle Entrate, grazie a un controllo mirato sulle dichiarazioni dei redditi di un professionista del capoluogo piemontese, ha scoperto lo stratagemma e messo a segno un recupero fiscale di 1,7 milioni di euro.

Il consulente, per aggirare gli obblighi tributari, ha ideato un espediente contabile realizzato grazie ad una società di servizi riconducibiledirettamente  a lui e a un suo familiare. Il tutto attraverso un doppio passaggio: il cliente finale pagava per le prestazioni ricevute dalla società di servizi. La società di servizi, a sua volta, si avvaleva dell’opera del professionista che emetteva quindi una propria fattura alla società.

La società pagava al professionista soltanto una parte dell’importo delle fatture da lui ricevute, all’incirca il 30 per cento. E deduceva dal reddito annuale l’intero importo delle fatture ricevute anche se non le aveva effettivamente pagate, quindi più costi, meno reddito, minori imposte da pagare. Il consulente, invece, dichiarava soltanto una parte dei compensi fatturati, cioè quel 30 per cento effettivamente pagato dalla società e di conseguenza minori incassi, minor reddito e meno imposte da pagare.

I verificatori dell’Agenzia delle Entrate hanno appurato che questo meccanismo si ripeteva da anni. In tal modo il professionista è riuscito a occultare redditi per quasi 4 milioni di euro nel giro di otto anni. L’Agenzia delle Entrate ha recuperato un importo complessivo di circa 1,7 milioni di euro, già integralmente versate all’Erario.

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