“Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini”. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ribadisce l’obiettivo del governo anche su Twitter prima dell’approdo in aula del decreto legge sulla violenza negli stadi, sul quale il 2 ottobre a partire dalle 17 alla Camera verrà votata la fiducia

Il testo del dl prevede che gli straordinari delle forze dell’ordine in servizio fuori dagli stadi vengano pagati grazie a una quota dei biglietti venduti dalle società. Nessun prelievo tra l’1 e il 3 per cento, invece, almeno per il momento, sui ricavi complessivi dei club. Un emendamento proposto dal deputato Emanuele Fiano (Pd) ma fermato per mancanza della relazione tecnica. Salvi, anche, gli introiti derivanti dai diritti tv, che Tancredi Turco del Movimento 5 Stelle proponeva di tassare. Ma è bastata la rotta tracciata dal governo sui biglietti a scatenare le perplessità e le resistenze del mondo del pallone, nonostante la puntualizzazione della commissione Bilancio che ha posto come condizione l’esame dei decreti della Presidenza del Consiglio per valutarne la compatibilità finanziaria.

Il più duro è il presidente della LegaPro Mario Macalli, che rappresenta 60 società: “I club non hanno i mezzi per farlo. Se si tolgono altre risorse a un mondo che ne ha bisogno non si va da nessuna parte. In vita mia non ho mai fatto uno sciopero, ma se non dovesse esserci un confronto i club sono pronti a seguire altre strade”. La serrata, dunque, come ultima strada se il governo dovesse tirare dritto sulla questione del ‘tassa’ sulla biglietteria per finanziare le forze dell’ordine: “È una cosa che va rivisitata sotto diversi profili con la collaborazione fattiva del Coni. Le leghe hanno la loro autonomia ma è giusto stare uniti in questi frangenti. Ritengo che debba essere aperto un tavolo su questa materia. La prima strada da seguire è quella del dialogo e del confronto, poi però ci sono altre strade – conclude Macalli, intervistato dall’Adnkronos – Non bisogna fare del terrorismo né da una parte né dall’altra. Ma bisogna tenere presente che noi siamo un mondo fatto di società e dietro ogni società ci sono un’impresa e un imprenditore. Quindi in questo caso non si tratterebbe di uno sciopero ma di una serrata”.

Si era detto preoccupato anche il presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta. E sulla stessa lunghezza d’onda si era sintonizzato il presidente della Figc Carlo Tavecchio: “Occorre subito il confronto – ha detto il numero uno della Federcalcio – per evitare inutili demagogie e fare chiarezza su competenze e risorse disponibili”. Il mondo del calcio resta infatti una delle maggiori industrie del Paese e Tavecchio invita ad “analizzare con attenzione il contributo già fornito all’Erario direttamente dalle società e indirettamente attraverso giochi e scommesse sportive, al fine di verificare l’intera filiera dei ricavi collegati al gioco del calcio, rispetto alle risorse di cui beneficia”. Poi, come Macalli, chiama in causa il ruolo centrale del Coni per trovare una soluzione condivisa. E il pensiero di Giovanni Malagò, numero uno del comitato olimpico, arriva a stretto giro: “Capisco la preoccupazione del presidente Beretta. Come tutte le questioni giuste o sbagliate che siano, se sono fatte in corso d’opera, se tu hai un bilancio e dalla mattina alla sera ti dicono che hai una spesa supplementare che, per altro non ho ancora capito come si quantifica, è chiaro che non va bene”. E propone un’analisi più ampia per ridisegnare un vero rapporto con tutto il sistema calcio.

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