Lorenzin e i direttori generali “scelti” per concorso, la vicenda diventa un caso politico e scossa la poltrona del ministro. C’è un seguito all’esperimento del fattoquotidiano.it che ieri, in concomitanza con l’ufficializzazione degli incarichi ai vertici del Ministero della Salute, ha rivelato come i nomi dei vincitori fossero stati depositati due mesi prima dell’atto di conferimento presso un notaio. L’apertura del plico che profetizzava Renato Botti e Ranieri Guerra futuri direttori dei settori Programmazione e Prevenzione lascia pochi spazi a chi volesse attribuire la coincidenza al caso.

Fatto sta che nel giro di 24 ore il caso, non più nel senso di evento accidentale ma di fatto specifico, è diventato politico. Mentre il ministero diramava una nota che non spiega ancora la coincidenza tra i nomi nella busta e quelli emersi dall’interpello, l’opposizione è andata all’attacco del ministro Lorenzin. Una mozione di sfiducia contro la titolare del dicastero era stata presentata a metà giugno dal M5S. Finora non aveva però trovato sponda perché venisse calendarizzata in aula, finendo così su un binario morto.

All’epoca la sfiducia era però legata alle vicende Avastin-Lucentis e Stamina, oggi c’è anche un argomentazione in più. La vicenda dei direttori generali ha dato un contributo decisivo nel far riemergere la questione perché in mattinata il movimento di Grillo ha depositato un’interrogazione parlamentare urgente al ministro. Anche a fronte di questo nella capigruppo in Senato si è tornati dunque a parlare di sfiducia. Nella riunione, questo il dato nuovo, a favore della calendarizzazione della mozione si sono espressi anche Sel e Lega. Qualche apertura perfino da Forza Italia, finora la più resistente nei confronti di un’azione di rottura verso l’esponente Ncd e ora molto attenta a non urtare le alleanze che si stanno chiudendo in vista delle regionali. Di fatto però tre forze parlamentari (M5S in testa, e ora anche Lega e Sel) hanno optato perché la mozione venisse discussa e votata. E benché inascoltate, torneranno alla carica. 

Intanto è già agli atti una richiesta di chiarezza su quei due incarichi. L’interrogazione parlamentare dei Cinque Stelle chiede al ministro di riferire in aula e con urgenza. Riprende e ripercorre l’inchiesta giornalistica e chiede spiegazioni su tutti i punti sollevati: dall’esito che a sorpresa ha centrato due risultati su due (e con 60 giorni di anticipo sulla ratifica del concorso), alle modalità con le quali si è pervenuti all’esclusione di tutti gli altri potenziali candidati al ruolo per arrivare a individuare proprio Botti e Guerra. Sotto la lente finiscono dunque i requisiti che il ministro stesso ha dettato alla Direzione generale risorse, tanto stringenti da sembrare “cuciti addosso” ai due professionisti. Il tutto nonostante giurisprudenza e organi di controllo abbiano chiarito da tempo la natura pubblicistica degli “interpelli”, cioè il profilo pubblicistico della procedura per il conferimento degli incarichi dirigenziali “a garanzia del buon andamento, dell’imparzialità e della trasparenza finalizzati al perseguimento dell’interesse pubblico e all’efficacia dell’azione amministrativa”.

Ma arrivano anche nuove confermare al fatto che gli spostamenti erano già in corso prima che la procedura selettiva venisse ufficialmente chiusa. Le voci che davano Botti in uscita non correvano infatti solo al Ministero e non hanno raggiunto solo noi che le abbiamo raccolte. Giravano con insistenza anche ai piani alti della Regione Lazio. E paradossalmente a confermarle sono gli esponenti laziali dell’Ncd, lo stesso partito della ministra che ora nega risolutamente di aver interferito con la procedura. L’11 di settembre, quando i termini della candidature per l’incarico di direttore della Programmazione sanitaria erano scaduti ma mancavano timbri e visto della Corte dei Conti, il capogruppo in Regione Pietro Di Paolo già esprimeva preoccupazione per la successione di Renato Botti, l’uomo che sempre la Lorenzin aveva chiamato meno di un anno prima a vigilare sui piani di rientro della regione in qualità di subcommisario. “Corrono voci preoccupanti sulla possibilità che Giovanni Bissoni possa essere il prossimo sub commissario per la sanità del Lazio, in sostituzione di Renato Botti. Un’eventualità che mi auguro sia frutto solo di una boutade di fine estate”, denunciava con parole a loro modo profetiche che oggi non smentisce.

Problema: l’incarico governativo a sub commissario (assegnato per decreto il 17 dicembre 2013) non prevede una scadenza perché il suo termine teoricamente coincide con la fine dell’emergenza stessa. Al di là del fatto che il sub-commissario Botti lascia l’incarico dopo soli 10 mesi e senza aver risolto l’emergenza: come poteva sapere l’esponente Ncd, 19 giorni prima dell’ufficializzazione del risultato dell’interpello, che la poltrona di Botti effettivamente si sarebbe liberata di lì a poco, per poi seguire il ministro Ncd? “Diciamo che sono un osservatore attento delle dinamiche regionali”, risponde lui con fare sornione. Oppure diciamo che l’incarico era un segreto di Pulcinella. 

 

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