Cosa comprare in Italia? E’ stato questo il tema trattato lunedì a Milano durante un incontro riservato organizzato dalla banca più potente al mondo, l’americana J. P. Morgan. Nelle sale dell’hotel Four Season – nel cuore del quadrilatero della moda – erano presenti 130 invitati, tra cui investitori americani e inglesi, riposta la Repubblica. Il colosso bancario Usa ha offerto l’opportunità ai partecipanti di avere incontri faccia a faccia con una trentina di gruppi italiani disponibili ad aprire le porte ai capitali stranieri. Tra questi anche l’aristocrazia dei gruppi finanziari tricolore: Intesa Sanpaolo, Ubi e Banca Generali. Grande assente Unicredit. E ancora gruppi come Mediaset, municipalizzate dell’acqua e dell’energia come Acea, Fincantieri, ma non Eni o Enel che pure il governo sta mettendo in vendita. Infine Danieli e Telecom Italia, già in procinto di cambiare padrone.

Un consesso che ricorda da lontano l’affare del panfilo Britannia, sul quale il 2 giugno del 1992, all’ormeggio di Civitavecchia, si consumò la svendita del comparto produttivo italiano alla presenza di Mario Draghi e con il sostegno, anche allora, della finanza angloamericana. Una vicenda su cui si sprecarono fiumi d’inchiostro in interrogazioni parlamentari e che diede il là ai governi tecnici come quelli di Ciampi e Amato. Anche qui l’obiettivo dei pochi “eletti” invitati è stato quello di scegliere cosa accaparrarsi – finché i prezzi bassi di Borsa lo consentono – tra le imprese made in Italy. Perché quello italiano, nonostante le difficoltà, rimane ancora un mercato appetibile per gli investitori internazionali. Almeno secondo quanto hanno sostenuto – in uno dei rari dibattiti della giornata – i manager presenti: Carlo Cimbri della UnipolSai delle coop, Pietro Salini del costruttore Salini- Impregilo in rotta di collisione per le penali del Ponte sullo Stretto di Messina, Matteo Del Fante di Terna e Fabrizio Viola del Monte dei Paschi di Siena. Meglio dunque giocare di anticipo, prima che la Banca centrale europea di Draghi immetta mille miliardi di liquidità che potrebbero dare una boccata di ossigeno alle banche. O che il governo Renzi realizzi una delle riforme annunciate e il Paese riprenda quota.

Tra gli investitori americani e inglesi, riferisce ancora il quotidiano di Carlo De Benedetti, erano presenti gruppi che vantano un valore dei patrimoni in gestione da centinaia, quando non migliaia, di miliardi di dollari: Fortress, Canadian Pension Plan e l’europeo Allianz Global. Cancellata all’ultimo momento la presenza di investitori del calibro di Blackrock e di Fidelity, peraltro presenze già fisse in Piazza Affari.

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