Il “popolo delle primarie” in Emilia Romagna, questa volta non ha risposto all’appello del Pd e ha disertato le urne per la scelta del candidato a governatore. La regione più rossa d’Italia ha incassato un flop nella partecipazione mai visto, rendendo il trionfo di Stefano Bonaccini (61%) su Roberto Balzani (39%) più amaro del previsto. Così dopo le congratulazioni al vincitore delle primarie Stefano Bonaccini, nel Pd è tempo di analisi e riflessioni sul calo della partecipazione. Non ha paura di farlo Alberto Aitini, segretario provinciale dei Giovani Democratici (e nell’esecutivo nazionale) che dà voce al pensiero di molti militanti e volontari e conferma: “E’ stato un flop clamoroso. A Bologna abbiamo 20.000 iscritti e hanno votato in 13.000. Tutta la fase precedente alle primarie – accusa – è stata gestita male sia dalla dirigenza provinciale che regionale, provocando disaffezione nella base per una consultazione dove i programmi hanno latitato e si è giocato solo sulla continuità o meno con il governo di Errani”. “Il popolo del Pd non ha votato – scandisce Aitini -, la classe dirigente del partito si deve rendere conto che gli elettori hanno lanciato un segnale che non va sottovalutato e si deve fermare per cercare di capire cosa non ha funzionato. Questa è la dimostrazione che c’è una frattura tra dirigenti e cittadini”. Infine – mette in chiaro –: “E’ mancata una guida da parte dei vertici della segreteria regionale e provinciale. Bonaccini avrebbe dovuto rinunciare prima al doppio ruolo di segretario e possibile candidato, per gestire meglio la fase delle primarie”. Alla guida della segreteria provinciale c’è invece Raffaele Donini, capolista del Consiglio Regionale nelle prossime elezioni e, secondo molti, in predicato per ricoprire il ruolo di assessore alla Sanità in un’eventuale Giunta Bonaccini.

 A parlare sono i numeri. Hanno votato, in tutta la regione, 51.118 elettori, i due terzi degli iscritti al Pd che sono 75.000. Erano, però, primarie aperte a tutti, e l’Emilia Romagna ha quasi 4 milioni e 500.000 abitanti. Facendo poi un raffronto con le primarie passate il risultato è da brivido: 151.000 gli elettori che nel 2012 hanno eletto i parlamentari del Pd (il triplo), e 406.000 gli elettori delle ultime primarie per scegliere il segretario Pd (l’86% in più degli elettori di ieri). A Bologna hanno votato 13.674 persone (8.334 per Bonaccini): il sindaco Virginio Merola era stato eletto con più di 30.000 preferenze. A influire sullo scarsa partecipazione l’assenza del traino delle elezioni nazionali, la poca informazione sulle primarie (con il venire meno del finanziamento pubblico ai partiti, il Pd si è trovato senza i mezzi, ad esempio, per inviare per posta il volantino delle primarie a tutti gli elettori), ma soprattutto una campagna elettorale durata appena 10 giorni e alla quale si è arrivati dopo una fase di presentazione delle candidature costellata da polemiche, tentennamenti e ritiri da parte dei candidati che ha profondamene irritato una buona parte della base. Il tutto sovrastato dall’ombra delle indagini della Procura per le “spese pazze” di due candidati: Matteo Richetti (poi ritiratosi) e il vincitore Stefano Bonaccini (il procedimento a suo carico è stato archiviato dalla Procura di Bologna).

“Il calo dei votanti è stato molto forte anche nel nostro circolo – ammette Alessandro Cerra, segretario del Circolo Imbeni, uno dei più popolosi -. Alla stanchezza dei volontari, reduci dalla festa dell’Unità, si è aggiunta un’informazione non efficace. Le motivazioni principali, però – sottolinea – sono politiche”. “Le persone – spiega – hanno avuto la sensazione che venisse lasciato alle primarie la risoluzione del problema di stabilire qual è il tipo di Regione che vogliamo. Questa discussione in seno al partito non è mai stata fatta decollare e non c’è stato un coinvolgimento vero degli iscritti. Si è ragionato solo di candidati ma non di programmi e questo ha portato a una disaffezione da parte degli elettori”. “Il partito è mancato e in questo frangente non ha mostrato il suo lato migliore – accusa Cerra -. Occorre che riprenda al più presto la discussione su come scegliere la classe dirigente anzichè utilizzare le primarie come se fossero la panacea di tutti i mali. Bisogna fermarsi a riflettere”.

Francesco Mileno è il segretario del Pd del Quartiere San Vitale. Ieri l’affluenza nel suo circolo è stata di 6-700 votanti. “C’è stato un forte calo anche qui – conferma -, i militanti si sono trovati di fronte alle ennesime primarie. E’ un meccanismo che va centellinato per renderlo più efficace. Gli elettori ci hanno lanciato un messaggio chiaro: non siamo riusciti a trasmettere loro emozioni e la voglia di cambiare, a coinvolgerli. Queste primarie sono sembrate alla gente più un passaggio di consegne al candidato individuato come quello sostenuto dalla classe dirigente che non l’occasione per mettere nuove idee in campo”.

Il responsabile dell’Organizzazione del Pd bolognese e delle primarie, Raffaele Persiano, ribadisce invece, così come hanno fatto Raffaele Donini e Stefano Bonaccini, che la ragione della scarsa affluenza risiede più che altro nella brevità della campagna elettorale. “Da quando è finita la Festa dell’Unità (il 22 settembre, ndr) – spiega Persiano – non abbiamo avuto neanche un week-end utile per fare campagna porta a porta o volantinaggio nelle buchette della posta. In questo modo l’informazione è stata fatta su scala ridotta”. “Si dovevano fissare le primarie più tardi – prosegue –, io avevo proposto il 12 ottobre ma poi si è deciso di farle prima”. “In ogni caso – ammette alla fine – il balletto e la confusione sulle candidature non hanno sicuramente aiutato e hanno un po’ esasperato gli elettori. Doveva esserci una guida più forte da parte del Pd nazionale, e di Matteo Renzi, che desse da subito la certezza delle primarie, in modo da poter iniziare prima la campagna per promuoverle”.

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