In questa storia di alta moda e falsi misteriosi la domanda è: ci si può fidare della più grande banca dati commerciale italiana? Il falso, infatti, non riguarda l’imitazione d’un capo d’abbigliamento ma il contenuto di un documento: il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare che è stata violata l’affidabilità della banca dati Cerved – utilizzato da milioni di utenti – con un report dal contenuto falso. Abbiamo raccolto le imbarazzate repliche dell’azienda, non sappiamo se sia già accaduto in passato, ma di certo è avvenuto per un report che riconduce alla vendita del marchio Ferré: tra i dati falsi c’è la menzione del nome di Stanislao Chimenti, avvocato e collega di studio di Donato Bruno, il senatore di Forza Italia, candidato alla poltrona di giudice costituzionale. È lo stesso Bruno indagato dalla procura d’Isernia nell’inchiesta sulla gestione dell’Ittierre , l’ex colosso del tessile, affidata dal governo, nel 2009, a tre commissari straordinari. E così, il “caso” Bruno, s’intreccia ora con un mistero, degno d’una spy story, che il Fatto è in grado di rivelare. 

C’è report e Report. Partiamo da un dato certo: la data – il 23 dicembre 2013 – in cui il Cerved rilascia il documento sulla Lure Limited, società con base nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche, che nel 2010 acquista per 4 milioni di euro, dalla Ittierre, gestita dai tre commissari, i diritti di sfruttamento in Asia del marchio Ferré. A commissionare la richiesta è un cronista di Report, che sta lavorando sulle dismissioni di Ittierre, e vuol capire chi c’è dietro la società offshore. La sua richiesta al Cerved risale a circa due mesi prima e, il 23 dicembre, arriva la risposta: secondo il Cerved e il suo analista, nome in codice “MGR”, la Lure è riconducibile a due commissari straordinari: Stanislao Chimenti e Roberto Spada, indicati rispettivamente come direttore e amministratore delegato. A giudicare dal report firmato Cerved, insomma, su Chimenti e Spada cala il sospetto di avere venduto a se stessi i diritti del marchio Ferré.

Il fatto strano è che, di solito, una società offshore punta a schermare soci e responsabili, mentre questo documento non solo cita nomi e cognomi, ma addirittura rivela che, ad acquistare il marchio, è una società riconducibile ai due commissari straordinari. Il Fatto Quotidiano, che ha potuto visionare le visure effettuate nel registro imprese delle isole Vergini, è in grado di rivelare che questo documento riporta dati falsi. Qualcuno li ha inseriti nel Cerved  (una sorta di bibbia del settore, usata da inquirenti, commercialisti, avvocati, investitori, giornalisti) per consegnarli a Report.

Il documento delle Isole Vergini. Le visure effettuate direttamente nel Registro imprese delle Isole Vergini Britanniche, infatti, riportano per la Lure Limited informazioni ben diverse dal documento che il Cerved ha fornito alla Rai: diverso è il numero di registro della società, diversa la data di registrazione (22luglio 2003 anziché 18 ottobre 2010), diverso l’indirizzo nella capitale Road Town, isola caraibica di Tortola. Documenti, quelli originali provenienti dalle Isole Vergini, molto più parsimoniosi nel fornire informazioni sulle persone coinvolte, visto che gli unici due nomi che vi compaiono sono quelli di tale Claudia Hodge – una sorta di commercialista che per conto dell’agente Imperial Trust Limited firma le carte per la registrazione della Lure Limited – e Muriel Fahie, che mette la sua sigla come testimone per la firma della Hodge. Nessuna traccia dunque dei nomi dei commissari governativi.

I documenti recuperati dal Fatto Quotidiano impongono un interrogativo: chi – e perché – ha inserito i dati falsi nel sistema del Cerved? E com’è possibile che questi dati siano finiti nel report, preparato per la Rai, senza che nessun analista dell’azienda si sia accorto degli errori? La società, che lo scorso giugno ha debuttato in Borsa, ribatte con un no comment: “Non è opportuno rilasciare alcuna dichiarazione, essendo a conoscenza che sulla vicenda riguardante la Lure Limited – Isole Vergini Britanniche, esistono indagini in corso da parte dell’Autorità Giudiziaria. E ciò impregiudicata ogni valutazione in ordine alla veridicità o meno delle informazioni contenute nel report citato”.

Al Fatto Quotidiano risulta che, sollecitato dal cronista di Report, Emilio Casalini, il Cerved abbia precisato di non poter garantire l’attendibilità delle informazioni, contenute nel rapporto sulla Lure – Limited, datato 23 dicembre 2013, con particolare riferimento alle persone citate, inclusi quindi Spada e Chimenti. E infatti Report, correttamente, non ha mai utilizzato il documento e ha sospeso la messa in onda in attesa di ulteriori verifiche. E allora riepiloghiamo: qualcuno ha inserito dati inattendibili nel Cerved. E li ha inseriti proprio sulla Lure – Limited, la società che acquista dalla Ittierre i diritti di sfruttamento in Asia del marchio della maison, nel 2010, quando l’azienda è gestita da Stanislao Chimenti, Andrea Ciccoli e Roberto Spada, i tre commissari straordinari, nominati dall’ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola.

L’inchiesta di Isernia. Per la gestione commissariale, Spada, Chimenti e Ciccoli, sono indagati a Isernia con l’accusa di interesse privato del curatore negli atti del fallimento. Chimenti – che condivide le stanze del suo studio legale con Bruno – affida, con gli altri commissari, una consulenza da 2,5 milioni al senatore forzista, anch’egli indagato, per concorso nello stesso reato. Ma c’è di più: Bruno si occupa anche delle trattative per vendere il marchio Ferré. L’avvocato e senatore di Forza Italia, insieme con Mediobanca e la Sin&rgetica di Bruno Ermolli, presta la sua opera ai commissari per la cessione della maison, poi andata agli arabi di Paris. E qualcuno inserisce dati nel Cerved che, se divulgati da Report, avrebbero diffuso la classica polpetta avvelenata, ovvero che dietro l’affare con la Lure Limited ci sarebbero stati proprio Spada e il fedelissimo di Bruno, cioè Chimenti. Quel documento è nelle mani della procura d’Isernia e della Guardia di Finanza. Il Fatto Quotidiano può rivelare che si tratta d’informazioni inattendibili. Adesso la domanda è: chi le ha inserite? E perché? E soprattutto: l’affidabilità del Cerved è stata violata altre volte?

di Luigi Franco e Antonio Massari

da Il Fatto Quotidiano del 28 settembre 2014

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