Editoriale di Marco Travaglio, che si sofferma sulle dichiarazioni pronunciate da Matteo Renzi il 19 aprile 2012 a Servizio Pubblico sull’articolo 18, definito solo ‘una questione mediatica‘. “Poi Renzi ha vinto le primarie con un programma che non nomina l’articolo 18” – osserva il condirettore de Il Fatto Quotidiano – “ha presentato un programma di governo che non nomina l’articolo 18, ha stravinto le elezioni europee non nominando l’articolo 18, ha presentato il Jobs Act senza nominare l’articolo 18”. E si chiede come farà a mantenere le sue promesse circa gli investimenti, la lotta alla corruzione, la guerra all’evasione fiscale. “Renzi chiama il nuovo sistema senza articolo 18” – spiega il giornalista – “quasi con soavità: ‘contratto a tutele crescenti’. L’azienda però può cacciarti a qualunque età. Le tutele saranno anche crescenti, ma non ci sono proprio. E’ come un preservativo ritardante, solo che è vuoto“. E precisa: “Non è vero che l’articolo 18 esista solo in Italia. C’è anche in Germania. E Renzi ha detto che si era ispirato al welfare tedesco”. Travaglio spiega i motivi per cui è falso che l’articolo 18 impedisca i licenziamenti per motivi economici o per crisi: “La prova del nove ce la dà Berlusconi che nel 2002 voleva sbaraccare l’articolo 18, ma fu fermato da Cofferati e dalla Cgil con una grande manifestazione. Ci sono stati parecchi assunti con l’articolo 18. La Fornero ne ha sbaraccati i due terzi, e non è aumentata l’occupazione anche nelle aziende sotto i 15 dipendenti, che non hanno l’articolo 18”. Poi Travaglio osserva: “Oggi si perdono in media 1000 posti al giorno e lo conferma Squinzi. Adesso lo dice anche la Fornero, che difende contro Renzi l’articolo 18. E’ come Totò contro Maciste“. Il giornalista si sofferma sulle grande giudiziarie del padre del premier, Tiziano Renzi. E conclude: ” ‘A suo modo Renzi ha inaugurato il contratto a tutele crescenti: quando era piccolo lo tutelava il babbo. Adesso lui e il babbo li tuteliamo noi

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