Cari lavoratori precari, vi hanno chiamati in molti modi, secondo i tipi di contratto: atipici, flessibili, co. co. pro., a tempo determinato, pure partite Iva (l’illusione di essere liberi professionisti “che possono lavorare anche con altri”, mentre vi si chiedeva un impegno da dipendenti). Tante definizioni diverse, come nei paesi civili del Nord Europa (tipo la Danimarca dove la flessibilità è sicurezza), che però in Italia sono riconducibili al divide et impera – se siete diversi non vi mettete insieme e vi si controlla meglio – e al precarius – dal latino “ottenuto con preghiere, concesso per grazia”.

Ebbene sì, voi che avete un lavoro “ottenuto con preghiere, concesso per grazia”, senza alcuna garanzia, siete, comunque vi chiamino, precari. E precario – lo sapete bene – non è solo il lavoro, ma la vostra vita: metter su casa, fare figli, pure comprare un televisore a rate. Negli anni siete aumentati, complici la politica che “bisogna liberalizzare il mercato del lavoro” e, invece che a voi, ha pensato agli imprenditori; e il sindacato che “dobbiamo rinnovare i contratti nazionali” e, invece che a voi, ha pensato ai dipendenti. Così, ora, siete milioni.

Le cose cambieranno, avete sperato, l’una e l’altro si faranno carico di noi e un giorno arriveranno posto fisso e tutti i diritti. Finalmente è arrivato il-giorno-Renzi, giovane e rivoluzionario come voi, che ha deciso di dire basta alle diseguaglianze: “Dobbiamo cambiare un sistema ingiusto che divide i cittadini in persone di serie A e di serie B e umilia i precari”. Applausi. Chissà quanti di voi saranno felici di averlo votato. Perché la sua è davvero una rivoluzione copernicana: abolendo l’art. 18 per i neoassunti (o per tutti? Per anni o per sempre?), ovvero mettendo in soffitta quel vecchio abito che è il reintegro del lavoratore licenziato ingiustamente (ma che ingiustamente, c’è sempre un buon motivo per mettere per strada qualcuno, no?), ha spostato il fulcro dalla terra al sole, dai Diritti al Tutti: non “più diritti per tutti”, ma “meno diritti per tutti”.

Vi rendete conto dello straordinario capovolgimento? Se sarete assunti potrete essere licenziati (dunque non vi cambia nulla), ma in compenso da eccezione diventerete un’avanguardia. Dai margini, sarete finalmente al centro del mondo del lavoro. Voi che invidiate quelli con il posto fisso, diventerete come loro. O meglio, loro diventeranno come voi. Tutti precari. Un mondo meraviglioso da cui sarebbero esclusi solo politici, sindacalisti, grandi manager pubblici, che il posto fisso (puah!) se lo garantiscono con una successione ininterrotta di poltrone, vitalizi / liquidazioni sostanziose per ognuna, e manco possono essere licenziati giustamente. Ma chissenefrega, no? Tanto sono il passato. Il futuro non si ferma. Il futuro è precario. Ditelo con orgoglio. In bocca al lupo.

Ps: il fatto che Renzi si sia fatto assumere – non con tutele crescenti – nell’azienda del padre (indagato), consideratelo un errore di gioventù. Succede, dai.

Il Fatto Quotidiano, 24 settembre 2014

Articolo Precedente

Articolo 18, l’atto di fede nelle virtù del licenziamento

next
Articolo Successivo

Jobs Act: non vuoi vendere la bicicletta per comprare una cabrio? Gufo

next