La prima volta era finito indagato per concorso esterno a Cosa Nostra, ma poi la sua posizione era stata archiviata. Era il 2009 e il deputato regionale Nino Dina era il braccio destro di Totò Cuffaro, l’ex potentissimo governatore della Sicilia. Dopo cinque anni Dina non ha cambiato partito (a parte una piccola parentesi nel Pid di Saverio Romano), è sempre un parlamentare regionale dell’Udc, e alle elezioni regionali del 2012 ha appoggiato la candidatura a presidente di Rosario Crocetta: solo che a quelle elezioni Cosa Nostra corleonese avrebbe votato per lui.

“Cosa nostra dimostra di produrre consenso elettorale e controllando pacchetti di voti che muove a seconda dei propri interessi. Sono emersi contatti diretti tra un esponente politico eletto in questo territorio e cosa nostra” ha spiegato il procuratore aggiunto Leonardo Agueci, ripercorrendo le fasi principali dell’operazione Grande Passo. In manette sono finite cinque persone, indicate come il nuovo vertice della mafia di Corleone. Oggi l’eredità di Riina e Provenzano sarebbe stata raccolta da custode del campo sportivo comunale: Antonino Di Marco. Un uomo con un pedigree di tutto rispetto, dato che il fratello Vincenzo è stato giardiniere di Totò Riina e autista della moglie Ninetta Bagarella: con lei era stato immortalato dalle telecamere del Ros poche ore prima dal blitz che il 15 gennaio 1993 porterà all’arresto del capo dei capi.

È proprio Antonino Di Marco, il fratello dell’ex autista di casa Riina, a comunicare agli altri uomini della famiglia mafiosa la decisione di votare Dina. È il 25 settembre 2012, un mese prima dalle elezioni che porteranno Crocetta a Palazzo d’Orleans e Dina nuovamente all’Assemblea Regionale Siciliana con più di diecimila preferenze. “L’altro giorno sono sceso a Palermo e mentre che mi trovavo a passare davanti alla Regione, è uscito Nino Dina” dice Di Marco, intercettato dalle microspie dei carabinieri. “Ma lui ha affermato già la cosa?” risponde Pietro Paolo Masaracchia, considerato il capomafia di Palazzo Adriano, anche lui coinvolgo nell’operazione dei militari. “Si, sempre con l’Udc” risponde Di Marco, che poi confida al suo interlocutore di nutrire speranze per una prossima scarcerazione dell’ex governatore Totò Cuffaro, detenuto nel carcere di Rebibbia dal 2011, dove sta scontando sette anni per favoreggiamento a Cosa Nostra. “C’è speranza, almeno a tutto quello che si capisce che Totò (ovvero Cuffaro, ndr) un altro anno dovrebbe uscire fuori. Perché tra buona condotta, tra appello che gli hanno fatto, ci potrebbe essere di nuovo questa speranza”. Poi Di Marco torna a raccontare il colloquio avuto con Dina. “Però mi ha detto, organizzati, dice, e vedi come dobbiamo fare. Gli ho detto tu, scuotiti questa camicia, gli ho detto quando è ora che tu devi andare a Palazzo Adriano me lo fai sapere, gli ho detto, che io, gli ho detto, parlo con i picciotti e loro ti fanno il piatto apparecchiato”. A quel punto Masaracchia invita Di Marco a ottenere assicurazioni da parte di Dina, in caso di elezioni a Palazzo dei Normanni. “Però tu con Dina devi cercare di parlarci chiaro. Gli devi dire io Nino l’aiuto te lo da, però ricordati che poi io ti vengo a cercare”. Di Marco non se lo fa dire due volte e al sodale racconta addirittura di aver “fatto piangere” in passato sia Dina che Cuffaro stesso. “Io una volta a lui e anche a Totò, dentro la Presidenza, li ho fatti piangere, gli ho detto: tutti e due non sono venuto mai a chiedere una cosa, mai. Però, gli ho detto, a ora di votazioni sapete dove sta Nino. Io a Nino, quando fu della mangiata là, io gliel’ho detto, ricordati una cosa, capisco i tempi che sono, ma una minima cosa non te la scordare, quando c’è di bisogno, gli ho detto, fatti avanti. Mi ha detto, non ci sono problemi”.

Di Marco racconterà a Masaracchia anche di un altro incontro con Dina, di poco successivo alle elezioni amministrative del comune di Palazzo Adriano. Il deputato regionale avrebbe chiesto un parere sulla nuova maggioranza: “mi disse: Nino che ne pensi di questa situazione?” Di Marco avrebbe risposto: “Questi sono tutti bravi picciotti”.

Dina non è indagato nell’operazione della procura di Palermo, ma rispedisce al mittente qualsiasi accusa di vicinanza a Di Marco. “Leggo con apprensione e disgusto – dice il parlamentare in una nota – le notizie che vengono riportate dagli organi di stampa sull’operazione antimafia denominata Grande Passo perché mi sento coinvolto mio malgrado in circostanze e/o fatti destituiti da ogni fondamento. Per di più leggo con maggiore amarezza che vengono travisate e modificate da parte delle agenzie di stampa le parole e le dichiarazioni rese dal procuratore della Repubblica Leonardo Agueci che a chiare lettere riferisce di voti in gran mole andati ad un politico eletto nelle territorio di Palazzo Adriano che certamente non sono io che ho ottenuto solo 52 voti. È chiaro, quindi, che siamo di fronte a gravissimi travisamenti e distorsioni della verità. Per tutti gi altri aspetti, ed anche per la presenza nella mia segreteria politica di uno degli odierni arrestati potrò riferire subito anche ai magistrati anticipando che tale soggetto non è mai stato un mio referente politico e che darò anche evidenza dei motivi della sua presenza, fornendo dettagli appena concluderò le verifiche che ho avviato in segreteria”. 

Secondo gli investigatori sono almeno tre gli incontri nel 2012 che Di Marco e gli uomini della cosca corleonese organizzano a Palermo con Nino Dina: il 12 luglio, il 24 ottobre (quindi 4 giorni prima delle elezioni) e il 3 dicembre, quando Di Marco viene addirittura filmato mentre si reca nella segreteria politica del deputato, probabilmente per festeggiarne l’elezione all’Assemblea Regionale Siciliana. Dopo poche settimane Dina verrà anche eletto come presidente della Commissione Bilancio di Palazzo dei Normanni.

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