Come funziona l’assistenza ai malati di Sla nel Lazio? Male. Sì, perché se l’Ice Bucket Challenge ha avuto il merito di sensibilizzare l’opinione pubblica, oltre alle donazioni, in Regione serve l’apporto delle istituzioni. ad esempio, al contrario di Lombardia e Veneto, dove i centri accreditati sono oltre venti, nel Lazio le strutture accreditate sono soltanto due sono soltanto due e per giunta entrambe nella Capitale. E chi vive lontano da Roma? Ecco il racconto di una famiglia residente a Ceprano, in provincia di Frosinone: “A mio marito – spiega Marisa Ranelli – è stata diagnosticata la malattia nel 2010, così sono quattro anni che per curarlo dobbiamo macinare chilometri”. Già, perché essendo in cura in un ospedale non riconosciuto come centro Sla dalla Regione, la famiglia deve andare anche in un altra struttura romana per ottenere la certificazione della malattia così da accedere alle esenzioni statali. “Nel Lazio – spiega il professor Maurizio Inghilleri, responsabile del centro Sla Umberto I – ci sono circa 520 malati e noi ne riusciamo a seguire circa 200. Abbiamo richiesto oltre tre anni fa l’accreditamento alla Regione, ma invano”. Così, i pazienti provenienti dagli altri capoluoghi per ottenere la certificazione devono andare al Gemelli o al San Filippo Neri. “Una situazione insostenibile per chi, tra l’altro, ha problemi motori come i malati di Sla”, continua il medico. “Chi è affetto da sclerosi laterale amiotrofica – rimarca Mauro Pichezzi, presidente dell’associazione Viva la Vita onlus – ha bisogno di prossimità e non di grandi centri lontani centinaia di chilometri da casa”  di Luca Teolato

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