È singolare come molte volte l’uomo, negando implicitamente ogni sua responsabilità, accusi la natura di crimini.

L’orsa che, ritenendo i propri cuccioli in pericolo per la presenza dell’uomo, li difende ne è un esempio. Ma tanti altri casi si potrebbero citare. Dai torrenti in piena che sommergono le case costruite dove non avrebbero dovuto, allo tsunami dall’altra parte del mondo che uccide perché non c’è più la foresta a proteggere le coste.

Un caso eclatante in tal senso è il taglio degli alberi sui lati delle strade. Sono tante, tantissime le strade italiane realizzate con una fiancheggiatura di alberi. Dai viali cittadini (dove il termine viale direi che è l’unico termine topografico caratterizzato dalla presenza di un elemento naturale), alle strade extraurbane, dove gli alberi furono messi a dimora sia per delimitare le vie, sia per offrire riparo e sollievo con le fronde a chi le percorreva.

Oggi queste strade vengono percorse quasi esclusivamente da mezzi motorizzati e spesso a velocità folle. Ecco che allora, se qualcuno si ammazza, accade che la natura di riveli, come dicevo, matrigna e gli alberi assassini. La soluzione? Semplice: tagliarli. Le nostre campagne sono già lande desolate dove non esistono neanche più le siepi perché ostacolano la folle pratica dell’agricoltura intensiva. E così quegli alberi che prima l’uomo aveva messo a dimora con una precisa destinazione e propria utilità si trasformano in orribili mostri. Non sembra che l’homo sapiens si riveli in tale circostanza così sapiens.

Ma a dare una mano alla strage degli alberi, l’homo sapiens ci ha pensato questa volta anche come legislatore e come giudice. Mi spiego meglio. L’art 26 del regolamento di attuazione del Codice della Strada del 1992, così recita: “La distanza dal confine stradale, fuori dai centri abitati, da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non può essere inferiore alla massima altezza raggiungibile per ciascun tipo di essenza a completamento del ciclo vegetativo e comunque non inferiore a 6 m.” La norma appare evidente che vieti per il futuro che possano essere messi a dimora alberi in fregio alle strade. Quindi addio alberate di campagna. Ma questo, dicevo, deve valere per il futuro, non già per il presente (leggasi per “presente” dal 1992 in poi). Ed invece ecco che bella bella la Cassazione se ne esce con una sentenza del 2010 (Sez. 4, Sentenza n. 17601 del 15/04/2010) con cui afferma che la norma si deve intendere che valga anche per le alberate già in essere al momento di pubblicazione del regolamento. Anche se, ad onor del vero, la stessa sentenza si limita a trarre la conclusione che non sarebbe necessario abbattere gli alberi lungo le strade, ma allestire idonei guard-rail, il risultato fin troppo evidente di questa interpretazione per lo meno balzana è che oggi molte amministrazioni si mettono a segare alberi anche secolari pur di non incorrere in possibili responsabilità, facilmente di carattere penale, se qualcuno si va a schiantare contro quelli che, con umorismo involontario, vengono definiti “alberi-killer”.

Come evitare che gli alberi vengano tagliati? Fare come Julia “Butterfly” Hill anni fa o come Michele Forzinetti in questi giorni?

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