Le prime parole sono per ringraziare il presidente del consiglio Matteo Renzi, che solo poche ore prima, dal palco della Festa dell’Unità, aveva rinnovato la propria stima per il governatore uscente della Regione Emilia Romagna, Vasco Errani. “Renzi ha detto cose importanti che ho apprezzato moltissimo, tra noi c’è un dialogo ricco e fecondo da tempo”. Poi l’ex commissario alla ricostruzione post terremoto, dimessosi a luglio dopo una condanna penale in seguito alla vicenda Terremerse, detta la linea che il suo successore dovrà seguire nel gestire la fase più delicata del dopo sisma. Quella appena cominciata, cioè, che riguarda la ricostruzione dei centri storici dell’area cratere, e degli edifici a cui le scosse del 20 e del 29 maggio 2012 hanno inflitto i danni maggiori. Case, soprattutto, i cui proprietari due anni dopo aspettano ancora, dagli uffici tecnici dei Comuni ingolfati dalla burocrazia, il via libera a riedificare.

“Dobbiamo continuare la ricostruzione con passo veloce, ma senza allentare i controlli sul territorio. Sburocratizzare sì, ma prestando attenzione alla qualità e alla legalità”. Nomi non ne fa, Errani, riguardo alla gara a tre per le primarie del 28 settembre prossimo che vedono concorrere, tra le fila del Pd, il segretario regionale Stefano Bonaccini, il deputato Matteo Richetti, e l’outsider, ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani. “Il prossimo commissario alla ricostruzione – si limita a commentare l’ex governatore, rimasto al timone della Regione per 15 anni – dovrà lavorare bene, e con responsabilità”. E tuttavia, nel passare metaforicamente il testimone al futuro commissario, e cioè al presidente dell’Emilia Romagna che verrà eletto a novembre, Errani rivendica la validità del proprio modello di ricostruzione: “Penso che al netto dei beni artistici e dei centri storici siamo al 45 – 50% della ricostruzione. Non è stato semplice, ma alla fine sono convinto che avremo un’Emilia migliore di prima”.

A elencare ciò che resta da fare per rimettere in piedi una terra che un tempo, da sola, produceva il 2% del Pil nazionale, ma che oggi è alle prese con una ricostruzione rallentata dalla macchina burocratica, tanto che a maggio, 2 anni dopo le scosse, su 14.000 edifici residenziali danneggiati solo 1.572 cantieri erano stati ultimati, e su 13.000 attività interrotte dai fenomeni sismici, 163 erano le aziende ricostruite, invece, sono i sindaci dei comuni terremotati. “Serve continuità nella gestione del dopo sisma – spiega Luisa Turci, sindaco di Novi di Modena, sul palco con Errani assieme al Alberto Silvestri, primo cittadino di San Felice sul Panaro e all’ex senatore, oggi sindaco di Crevalcore Claudio Broglia – perché se la ricostruzione è cominciata, non significa che sarà veloce”.

2.600 persone, ad esempio, vivono ancora nei container ad uso abitativo allestiti alle periferie dei Comuni terremotati per ospitare gli sfollati. “Abbiamo quasi ultimato la riparazione dei danni lievi – continua Turci – e ora dobbiamo occuparci degli edifici che hanno subito i danni più gravi, ma i nostri uffici faticano a ricevere le domande di rimborso dagli studi professionali, perché la mole di lavoro è enorme e le pratiche per ottenere i finanziamenti pubblici sono complesse”. “Poi – continua Silvestri – è necessario prorogare lo stato di emergenza”, che alleggerisce anche la pressione fiscale sulle aziende, “concedere ai Comuni del cratere di avvalersi ancora di personale supplementare, ed escluderli dall’applicazione della spending review”. Resta inoltre in sospeso la questione della fiscalità di vantaggio, a lungo richiesta dalla bassa terremotata, e da Errani stesso, ma mai concessa. Né dal governo di Mario Monti, né da quello di Enrico Letta, né da Renzi. Così come inascoltato, per ora, è l’appello che sindaci e amministratori del territorio hanno rivolto a Roma, affinché sia varata una legge nazionale sulle emergenze: “Intervenire senza una normativa quadro è la difficoltà più grande – spiega il primo cittadino di San Felice sul Panaro – perché la fatica più immane è dover ricostruire senza regole. Di fronte a una calamità è necessario sapere quali garanzie offre lo Stato, non si può rimandare la questione”.

“Di cose da fare ce ne sono ancora molte – conclude Silvestri – e per ricostruire manca ancora 1 miliardo di euro, per questo al prossimo commissario alla ricostruzione chiediamo continuità. Del terremoto avremmo volentieri fatto a meno, ma c’è stato, e visto che si è verificato dobbiamo fare il possibile perché sia dimenticato al più presto”.

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