Nel 2005 in Germania ho assistito in televisione a un dibattito elettorale tra Gerhard Schröder (Spd, socialisti, la sinistra), Angela Merkel (Cdu, democratici cristiani, la destra), Lothar Bisky (ex Spd, die Linke, i “supercomunisti”), Joschka Fischer (Verdi), Guido Westerwelle (Fdp, liberaldemocratici, centro),  Edmund Stoiber, (Csu, l’equivalente della Cdu in Baviera, ma più spostata a destra). Cosa mi ha davvero colpito è stata l’assenza di un moderatore esterno: il giornalista ha brevemente presentato i contendenti, lasciando loro l’autogestione del dibattito, senza tempi strettamente contingentati ma che sono stati rispettati da tutti. Qual è il messaggio che un ascoltatore recepisce? Che indipendentemente da chi avesse vinto le elezioni, la Germania avrebbe avuto al governo una persona capace e osservante delle regole. La capacità di dialogo tra i candidati è stata necessaria anche in seguito, perché nessuna delle coalizioni costituitesi prima delle elezioni fu in grado di formare il governo, e si giunse al “compromesso storico” Spd-Cdu.

Il 23 settembre inizieranno le elezioni per il rettore della più grande università Italiana e la terza in Europa, l’università “Sapienza” di Roma. Fino ad adesso, ci sono stati decine di dibattiti pubblici, tutti caratterizzati da un assoluto rispetto dei tempi, da domande scelte da commissioni di garanti uguali per tutti (sei volte la riposta alla stessa domanda), da nessuna possibilità di interagire tra i candidati. Insomma, da una monotonia assoluta per chi ascolta e non ultimo anche per i candidati stessi. Questo non vuole essere una critica a chi ha organizzato gli incontri fino a questo punto, ma un’amara constatazione: l’ipergarantismo uccide il dibattito. Si può obiettare: le regole servono per evitare le liti da pollaio. Ma è davvero così?

I sei candidati, cinque uomini ed una donna come nel 2005 in Germania (Tiziana Catarci, Informatica; Eugenio Gaudio, Medicina; Andrea Lenzi, Medicina; Renato Masiani, Architettura; Roberto Nicolai, Lettere; Giancarlo Ruocco, Fisica) hanno ricoperto importanti cariche istituzionali elettive e hanno tutti, chi più chi meno, capacità argomentative e forte personalità. Possiamo anche solo immaginare che tra eminenti professori accada qualcosa di simile a quello che vediamo purtroppo comunemente nei confronti pubblici sulle televisioni nazionali? Il rettore della più grande università italiana dovrà essere qualcuno che sia soprattutto capace di ispirare gli oltre centomila studenti che frequentano l’ateneo. Potrà mai dimostrare di essere in grado di esercitare questo ruolo chiuso in una gabbia dialettica?

Si può avere una preferenza per uno o l’altro candidato, ma è di una tristezza infinita non poter ascoltare al meglio delle loro possibilità persone con doti innegabilmente notevoli.

È stato organizzato dal Cnru (Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari, un’organizzazione nella quale s’intende con il termine “ricercatori” chiunque operi nel campo della ricerca in ambito universitario) un incontro (Venerdì 12 Settembre ore 12, nuovo edificio di Fisica, Città universitaria) con modalità innovative. Nessun comitato sceglierà le domande ma queste saranno portate direttamente dai candidati in busta chiusa il giorno del confronto, con moderazione ridotta al minimo (rispetto dei tempi nel caso un candidato “sforasse”) e scelta dell’opponente cui rivolgersi.

Sarebbe possibile nella politica un sano dialogo e confronto diretto tra individui su posizioni opposte che concorrano a una carica elettiva? In alcuni paesi questo è la norma. E in Italia? Almeno all’interno di un’istituzione la quale ha un ruolo preminente per lo sviluppo del paese? In mia opinione, sicuramente sì, perché l’università italiana è indubbiamente migliore della politica di questo paese, come (auspicabilmente) si dimostrerà venerdì.

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