The look of silence, Sivas, Red Amnesia, Birdman e A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence. Dovrebbe uscire da questa cinquina di titoli il Leone d’Oro 2014 che sabato 6 ottobre alle ore 20 il presidente di giuria Alexandre Desplat consegnerà nelle mani del vincitore. Scelta non facile per i nove giurati – Joan Chen, Philip Gröning, Jessica Hausner, Jhumpa Lahiri, Sandy Powell, Tim Roth, Elia Suleiman, Carlo Verdone – visto il discreto livello generale del Concorso che non ha mostrato né capolavori assoluti né tantomeno inqualificabili titoli fuori luogo.

The look of silence, il documentario di Joshua Oppenheimer, puntata numero due del viaggio tra vittime e carnefici della dittatura militare indonesiana, passato sugli schermi del festival poche ore dopo l’apertura, è il film che raccoglie i voti più alti dei giornalisti italiani presenti al Lido; mentre i corrispondenti delle più importanti testate straniere assegnano più stellette praticamente a pari merito a Birdman di Alejandro Gonzalez Inarritu, e A Pigen sat on a branch… dello svedese Roy Andersson.

Al terzetto va aggiunto Sivas del turco Kaan Mujdeci, una delle opere prime più convincenti passate a Venezia quest’anno (di esordi vanno segnalati anche due capolavori come Court dell’indiano Chaitanya Tamhane in Orizzonti e The council of birds del tedesco Timm Kroger alla Sic); e soprattutto entrato di prepotenza nel novero all’ultimo minuto quel Red Amnesia, del cinese Wang Xiaoshuai, perfetto meccanismo ad orologeria tra suspense e fantasmi per un’anziana signora perseguitata da telefonate anonime.

Fuori completamente dai giochi non sembrano essere nemmeno Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte – difficile che vista la voluta presenza in massa di film francesi in Concorso non arrivino riconoscimenti – e The Postman’s White Nights di Andrej Koncalovskij.

Buona la presenza dei tre film italiani in Concorso (Munzi, Costanzo e Martone), forse non così prepotente per farli finire sul gradino più alto del podio, anche se Il giovane favoloso di Mario Martone sulla vita di Leopardi sembra tra i tre quello più riuscito e che tra un premio alla regia o una coppa Volpi come miglior attore a Elio Germano non dovrebbe tornare a casa a mani vuote.

In attesa di capire se i giurati hanno apprezzato l’ultimo film a sfondo politico di Andrew Niccol, Good kill, di almeno qualche passione e/o incomprensione sbocciata tra i giurati e i film visti possiamo dire qualcosa. Carlo Verdone, ad esempio, sembra essere rimasto molto infastidito dalla violenza del film Sivas tanto da abbandonare in fretta e furia la sala dopo la proiezione. Il regista palestinese Elia Suleiman è a Venezia con una missione che ha sbandierato da tempi ai quattro venti: far portare a casa il Leone d’Oro a Roy Andersson per A Pigeon Sat on a Branch…, quarto film in oltre 40 anni di carriera per l’autore svedese, per un ritorno carico di humor nero, come di invenzioni e rigore formale.

Sempre che non si voglia celebrare nuovamente Al Pacino con Manglehorn, è ancora molto incerto l’indirizzo per la coppa Volpi al miglior attore maschile. Della contesa fanno parte Viggo Mortensen, protagonista di Loin des hommes; Michael Keaton, assoluto mattatore di Birdman; Willem Dafoe che rifà un Pasolini da vertigini e quell’Elio Germano che ha dato vita, anima e gobba ad un sublime Giacomo Leopardi.

Nel campo delle signore la questione si fa complicata visto che mai come in questo festival tra i film in Concorso non ci sono stati ruoli femminili in primo piano. Insomma se, nonostante le ottime interpretazioni, a contendersi il premio saranno Zhong Lu di Red Amnesia e Alba Rohrwacher per Hungry Hearts, la mancanza di alternative per la scelta sarà l’unico neo di un Concorso mai noioso, ricco di buoni titoli e storie avvincenti.

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