Dicono che il nuovo patto del Nazareno, quello che verrà suggellato intorno alla metà di settembre quando Silvio Berlusconi vedrà nuovamente Matteo Renzi a Palazzo Chigi, avrà come piatto forte la legge elettorale (che dalla prossima settimana inizia il suo iter in commissione e su cui vanno definite le modifiche rispetto al testo dell’Italicum) e il proseguimento della riforma costituzionale per l’abolizione del Senato e la modifica del titolo V. In realtà, il “tagliando” tra i due leader avverrà soprattutto su altri temi, primo fra tutti la tenuta del governo e il proseguimento della legislatura davanti al possibile terremoto che potrebbe scatenarsi su Renzi, anche – e soprattutto – per colpa dell’opposizione interna al Pd, se il governo non dovesse ottenere a breve da Bruxelles il via libera per allentare la morsa del rigore economico in modo da consentire le riforme.

Quello che, infatti, è ogni giorno più chiaro al Cavaliere, è che Renzi si è messo da solo con le spalle al muro; senza nuove risorse, derivanti da una posizione meno rigorista dell’Europa sui conti italiani, gran parte delle riforme annunciate dal governo, a partire proprio da quella della scuola e dall’altra sulla pubblica amministrazione, rischiano di restare al palo. Ecco che, quindi, i rapporti di forza tra Renzi e Berlusconi si stanno rapidamente capovolgendo: non più il premier che rilegittima sempre più il Cavaliere, rendendolo più che mai statista e “padre costituente” (per non parlare della possibile assegnazione di un ruolo di mediazione sul fronte estero con Putin per la questione Ucraina), ma Berlusconi che con i voti di Forza Italia si dirà pronto a fare da stampella al governo se dovessero mancare i voti nella maggioranza. Soprattutto dentro il Pd. E lo farà. Dice, infatti, uno come Ignazio Abrignani, vice presidente della commissione Attività Produttive della Camera e uomo molto vicino a Berlusconi: “Da tempo noi di Forza Italia diciamo che siamo pronti a collaborare a ricette economiche che sono nostre come abbassare le tasse e soprattutto a fare quelle riforme che noi abbiamo iniziato da tempo. Oggi Renato Brunetta dice che nel momento in cui il Paese è in grave difficoltà mettersi insieme superando gli aspetti ideologici di ogni singola riforma sia un fatto opportuno ”. 

Più che un tagliando dell’accordo del Nazareno, insomma, quello che si sembra configurarsi a breve a palazzo Chigi sarà una sorta di patto mefistofelico, con Berlusconi vero regista occulto dell’esecutivo su tutti i fronti, dall’Italicum alla riforma della giustizia (ma previa revisione del falso in bilancio, che così come l’ha scritto Orlando non convince), pur di non correre verso le elezioni a breve, visto che Forza Italia non è pronta. Proprio come Renzi, che ora vede la sua parabola in discesa. Tutto questo, senza che Berlusconi debba dar seguito a quella proposta indecente, paventata qualche mese fa, di entrare nella maggioranza, proposta che, quantomeno, avrebbe messo Renzi in grande imbarazzo; un conto è “fare le riforme con tutti”, un altro governare con il Caimano. Però, di fatto, di questo si tratterà; Renzi avrà, in buona sostanza, l’appoggio esterno di Forza Italia e da questo apporto fondamentale dipenderà mani e piedi, a partire dalla ripresa dei lavori parlamentari e non solo se una parte del suo Pd, ma anche solo Scelta Civica insieme con i Popolari e gli alfaniani di Ncd dovessero voltargli le spalle. 

Più che un patto, insomma, un “ricatto” a cui Renzi sa di non potersi sottrarre; malgrado gli istituti di sondaggio confermino il gradimento dell’elettorato, è cominciato l’autunno anche per l’esecutivo; troppe promesse, nessuna risposta, proteste clamorose in fieri (lo sciopero delle forze dell’ordine, mai successo prima) in vista nuovi tagli, un Def ancora tutto da scrivere ma che nulla di buono promette, incertezza sulle intenzioni dell’Europa e troppi pochi soldi per fare troppo. Una situazione che, per Berlusconi, è manna da cielo. Ecco perché, almeno a sentire voci dell’entourage arcoriano più stretto, le intenzioni del Cavaliere andrebbero anche oltre questo schema di gioco che lo dà vincente a tavolino; in cambio dell’appoggio, il Cavaliere è pronto a chiedere molto, anche giusto per dare il via libera all’innalzamento delle soglie nella nuova legge elettorale che è stato chiesto dal Capo dello Stato in persona in un colloquio avvenuto con la ministra Maria Elena Boschi; non solo la giustizia, ma anche depennare nomi sgraditi nella corsa delle nuove nomine al Csm e alla Corte Costituzionale e di rendere lo Sblocca Italia qualcosa di “meno timido” per dare fiducia alle imprese. Intanto, martedì 9 settembre è convocato l’ufficio di presidenza della commissione Affari Costituzionali di Montecitorio ed il presidente Anna Finocchiaro ha già fatto sapere che incontrerà sia Renzi sia la Boschi proprio per discutere dell’iter della legge elettorale. Che sarà deciso non prima di una telefonata ad Arcore. Come sempre, da vent’anni a questa parte. E il ricatto del Cavaliere va.

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