Il ministero degli Esteri iraniano smentisce la notizia di una possibile cooperazione militare tra Iran e Stati Uniti per combattere lo Stato Islamico diffusa dalla Bbc Persian. A dichiararlo è il portavoce del dicastero, Marzeiyeh Afkham, che definisce “false” le affermazioni attribuite alla Guida Suprema, Ali Khamenei. Il comando militare di Hezbollah e le Guardie della Rivoluzione Islamica iraniane, secondo il quotidiano kuwaitiano al-Rai, starebbero però addestrando, in Iraq, volontari sciiti per combattere l’avanzata dell’Isis nel paese. Una fonte irachena interpellata dal media arabo sostiene che la cooperazione “sta portando buoni frutti e le due organizzazioni militari rimarranno nel paese fino a quando Isis sarà una minaccia per Iraq, Siria e Libano“. Il ministro degli Esteri iracheno, Hoshyar Zebari, smentisce, però, la presenza delle Guardie della Rivoluzione in Iraq: ““Non è stata mandata alcuna milizia iraniana – ha spiegato – dal momento che il paese non ne ha bisogno”. La scelta dell’Iran e dell’ala armata del Partito di Dio rappresenterebbe un nuovo passo in avanti nel dialogo tra gli Stati Uniti e il blocco sciita nell’area. Rapporto che si era raffreddato dopo l’esplosione del conflitto a Gaza e a causa dell’opposizione delle potenze sunnite del Golfo, prime fra tutte Arabia Saudita e Qatar.

I soggetti coinvolti nella lotta contro il califfato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi, quindi, aumenterebbero: dopo l’impegno militare dei paesi direttamente coinvolti (Iraq e Siria); i raid aerei americani, ai quali potrebbero seguire quelli britannici dopo l’annuncio di David Cameron durante un’intervista alla Bbc; l’impegno di alcuni paesi occidentali ad armare i peshmerga curdi e il dietrofront di Arabia Saudita e Qatar che hanno denunciato la politica estremista dello Stato Islamico, adesso anche Hezbollah e Iran avrebbero deciso di fare la loro parte nella lotta all’estremismo sanguinario del califfo.

Un primo segnale di riavvicinamento del blocco sciita nei confronti dell’Occidente, in particolar modo degli Stati Uniti, che arriva proprio a ridosso della seconda sessione di colloqui tra i 5+1 (Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania) e l’Iran, il 18 settembre, riguardo al nucleare di Teheran. A testimonianza della ripresa dei rapporti ci sono le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, che ha aperto nuovamente ai colloqui di Ginevra: “Nei giorni passati vi sono state mosse inadeguate da parte degli americani – ha detto in riferimento all’allargamento della lista nera statunitense delle sanzioni contro imprese che aiutano Tehran sul nucleare – ma daremo seguito con serietà ai colloqui di Ginevra”.

I primi passi per un processo di pacificazione tra Stati Uniti e Iran, che controlla il blocco sciita in Medio Oriente, c’erano stati già dopo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica Islamica, Hassan Rouhani. Una netta inversione di marcia rispetto a quando, a Times Square, capeggiava il cartellone con la faccia dell’ex Capo di Stato, Mahmud Ahmadinejad, con su scritto “He’s not welcome here”, lui non è il benvenuto. L’avvicinamento era poi continuato grazie proprio alla prima tranche di colloqui sul nucleare che avevano causato il risentimento della Russia, da sempre partner dell’Iran, e dei paesi del Golfo come Arabia Saudita e Qatar che avevano sempre formato con gli Stati Uniti il blocco di controllo antisciita in Medio Oriente.

Il dialogo tra le parti aveva subito uno stop con lo scoppio della guerra tra Israele e Hamas a Gaza, soprattutto per il ruolo ambiguo ricoperto dagli Stati Uniti nella vicenda. Da una parte, il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, non poteva abbandonare il partner storico nell’area, Israele, nonostante l’atteggiamento aggressivo del premier Benjamin Netanyahu e la politica di avanzamento del governo nei territori occupati. Il sostegno allo Stato ebraico, infatti, è requisito necessario, negli Stati Uniti, per ottenere anche l’appoggio interno al governo. Dall’altra, però, Obama non voleva rompere definitivamente i colloqui con l’Iran che, se andassero a buon fine, permetterebbero agli americani di disimpegnarsi dall’area e controllarla attraverso, appunto, i suoi partner più potenti.

Il nuovo riavvicinamento non è bastato per convincere Obama a collaborare con il Presidente siriano, Bashar al-Assad, nella lotta contro lo Stato Islamico in Siria, nonostante la disponibilità del leader alawita, ma l’ultima decisione di Hezbollah e Iran di appoggiare la lotta all’avanzata dello Stato Islamico rappresenterebbe il nuovo punto di partenza per dei colloqui tra gli Stati Uniti e l’Iran. A confermare la presenza dei gruppi militari in Iraq sarebbe un video, la cui autenticità è ancora in fase di valutazione, che mostrerebbe il generale dell’esercito iraniano, Qasem Soleimani, mentre balla con membri delle milizie irachene, imbracciando un fucile, per festeggiare la vittoria sullo Stato Islamico e la riconquista della città di Amerli

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