“Ti prometto che non ti farò più promesse” non è male come promessa, diciamo che è promettente. Intanto ci basterebbe la promessa della pubblicazione del nuovo vocabolario Renzi-italiano, che contenga tutti i neologismi e le parole nuove, tipo “annuncite”, sostantivo femminile che si potrebbe tradurre come “malattia dell’annuncio”, ma aspettiamo gli esperti di linguistica.
A proposito di annuncite, comunque, in caso di ricovero e terapia intensiva, è sempre bene dare un’occhiata alla cartella clinica. Insomma, bisogna spulciare l’anamnesi del paziente, uno che fino a ieri sembrava impaziente (Adesso! Subito! Di corsa!) e oggi sembra invece pazientissimo (mille giorni sono quasi tre anni, per dire). E vabbè. L’anamnesi, si diceva. Essendo la cartella clinica molto corposa in materia di annunci e promesse, tocca pescare qui e là. Una per tutti, un titolo dell’Ansa (era il luglio scorso) con virgolettato del paziente. Si inaugurava un’autostrada, la BreBemi e lui diceva: “Pronti 43 miliardi per le infrastrutture”. Notare: “pronti”. Passa poco più di un mese e si scoprono alcune cose: i 43 miliardi non erano investimenti (“pronti”), ma il valore che gli investimenti avrebbero prodotto. Mah. Poi si scopre che i miliardi stanziati sono tre virgola otto. Mah. Poi si viene a sapere che di quei 3,8 miliardi ben tre miliardi arriveranno, se arriveranno, da un fondo europeo pluriennale (fine prevista degli stanziamenti: anno 2020). Risultato: dei 43 miliardi “pronti” in luglio, ci sono 200 milioni quest’anno e 500 milioni l’anno prossimo, tra l’altro già stanziati dai governi precedenti e dirottati da alcuni lavori su altri lavori. Ogni medico direbbe che l’annuncite si presenta in forma particolarmente acuta, quasi patologica. E non mancano altri luminosi esempi, come sanno circa centomila precari della scuola che si credevano assunti un mercoledì per riscoprirsi scomparsi il giovedì sera.

Come sanno gli esperti della patologia (l’annuncite non è una cosa nuova, chiedete al ponte sullo Stretto, al milione di posti di lavoro, a meno tasse per tutti, eccetera, eccetera), il virus è mutevole. Nel senso che si rinnova. Potete provarci coi figli, se ne avete. Ti prometto la bicicletta. Poi: niente bicicletta, ma vedrai tra due anni che bel motorino! Poi: vabbè, caro, niente motorino, ma vedrai tra quattro anni che macchina! Contento?
Ecco. Ma poi, siccome contro l’annuncite gli sciroppi non bastano, gli antibiotici sono impotenti e il vaccino ancora non c’è, si prova con un sito. 

Un sito internet: così potete controllare. Bene, ottimo. Uno va sul sito e le scadenze non ci sono, le infografiche sono grafiche e basta, ci sono tante slide e poco più (anzi, poco meno). Ci sono però gli “obiettivi”, cioè, ancora una volta, le  promesse, quelle che si prometteva di non promettere più. Ma attenzione, dice il paziente che freme per guarire dall’annuncite: “ci sarà uno spazio di coinvolgimento”, un posto dove “ciascuno potrà giudicare e criticare”.

Ah, bene, pensano i destinatari delle promesse, e corrono sul sito dove “lo spazio di coinvolgimento” è un indirizzo mail. Perbacco, che coinvolgimento! Giovanni Sasso, direttore creativo dell’azienda che ha creato il sito (Proforma), spiega che “si tratta di una versione beta” e che sul coinvolgimento del pubblico “faranno dei test”. Insomma, va a finire che è una promessa anche il sito che certifica la promessa che non si faranno più promesse. Il medico, a questo punto, se ne va sconsolato: la cura per l’annuncite non c’è ancora.

@AlRobecchi

Il Fatto Quotidiano, 4 Settembre 2014

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