Chiesa e ‘ndrangheta. Un binomio che molti in Calabria fanno finta di non vedere ma che esiste ed è antichissimo. Quest’estate, in visita nella piana di Sibari, Papa Francesco ha scomunicato i mafiosi andando ben oltre le aspettative di chi sperava in un discorso di rottura con le famiglie mafiose. Eppure, proprio poche settimane dopo l’anatema del pontefice, in Calabria nulla sembra essere cambiato. Il 2 luglio, a Oppido Mamertina la statua della Madonna, in processione per le strade del paesino della Piana di Gioia Tauro, si è inchinata davanti alla casa dell’anziano boss Giuseppe Mazzagatti. I carabinieri aprono un’inchiesta ma gli abitanti di Oppido, prima negano l’evidenza, e poi aggrediscono il giornalista del Fatto Quotidiano su istigazione del prete don Benedetto Rustico, lo stesso parroco che guidava la processione dell’inchino. Le polemiche durano per giorni e a guidare la protesta, contro i carabinieri e i magistrati che hanno un’inchiesta, sono scesi in strada i parenti del boss. Domenica Mazzagatti ha prima spiegato che non c’è stato alcun inchino e poi ha aggredito, assieme alla sorella Francesca e al cognato Carmelo Rustico, la troupe di una televisione tedesca. Una sorta di percorso di avvicinamento al 2 settembre, data della processione della Madonna di Polsi al Santuario al centro dell’Aspromonte nel Comune di San Luca. Un appuntamento storico perché, come emerge da numerose inchieste giudiziarie, è lì che si riuniscono ogni anno le principali famiglie mafiose calabresi. Nel 2009 i carabinieri erano riusciti a filmare il summit di ‘ndrangheta che ha portato agli arresti dell’operazione “Crimine”  di Lucio Musolino

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