EbolaLa corrente epidemia di febbre emorragica da virus Ebola sta ancora occupando le prime pagine dei giornali. La guarigione dei due americani trattati con ZMapp presso l’Emory Center di Atlanta è stato un evento che ha destato la speranza di aver trovato finalmente un rimedio efficace. L’incremento dei casi però non ha mostrato finora un segno di diminuzione e le dimensioni di questo focolaio sono già superiori alla somma di tutti i precedenti.

Nonostante ciò ritengo ancora che l’attenzione e soprattutto la preoccupazione con la quale i mezzi di informazione descrivono la corrente situazione sia ingiustificata. Fino ad oggi, infatti, non si è ancora verificata la trasmissione del virus al di fuori dell’ambito geografico dei focolai. È molto probabile inoltre che l’arrivo del virus in un paese non africano e dotato di un livello di vita idoneo a mantenere un servizio sanitario efficiente, verrebbe contenuto ed eliminato celermente. Possiamo stare tranquilli allora? Non precisamente.

Citando un recente editoriale del Lancet “Ebola a failure of international collective action i focolai stentano a ritornare sotto controllo. Le ragioni risiedono nella mancanza nei paesi interessati di strutture sanitarie adeguatamente equipaggiate in uomini e mezzi. Questa mancanza di organizzazione e di preparazione a rispondere all’emergenza porta a trascurare i fondamentali aspetti epidemiologici riguardanti la sorveglianza e il controllo degli ammalati e dei contatti sul territorio.

Ci sono molte difficoltà ad attuare programmi di informazione della popolazione per evitare comportamenti a rischio di contagio. Non è poi sempre possibile controllare i movimenti di popolazioni che attraversano i confini, provenendo da paesi già colpiti. Stanno soprattutto venendo alla luce le ragioni politico-finanziarie che stanno determinando la fortuna dell’epidemia. Sebbene l’Oms-Who stia guidando la risposta internazionale alla crisi, all’inizio è risultata piuttosto lenta nel mettersi in moto.

Médicins Sans Frontières (Msf) aveva già dichiarato il 24 giugno che la situazione appariva “fuori controllo”, reclamando un impiego più massiccio di risorse. Solamente il 31 luglio l’Oms-Who ha investito 71 mln di dollari nell’impiego di centinaia di sanitari in Africa Occidentale. A dire il vero l’Oms ha conosciuto in questi ultimi anni forti restrizioni nel bilancio. Il budget destinato a rispondere agli eventi critici e ai focolai epidemici è sceso drasticamente del 50%: scendendo da 469 mln di dollari del 2012-2013 a 228 mln nel periodo 2014-15. Il sostegno finanziario dell’intervento dell’Oms-Who rappresenta un aspetto cruciale della lotta contro Ebola. L’Oms-Who appare infatti l’unica forza capace di soccorrere e rinforzare la fragile rete sanitaria dei paesi della costa occidentale dell’Africa.

Anche la World Bank ha investito 200 mln di dollari per contenere questo focolaio e per rafforzare i sistemi sanitari dei paesi interessati. Certo ben altre cifre, e provenienti da più fonti ed in forma permanente, andrebbero impiegate per dotare quelle regioni di una rete di strutture adatte. E allora come afferma M. Chan in un suo recentissimo editoriale sul Nejm alle persone che domandano come mai l’epidemia di Ebola sia così grave, così vasta e così difficile da curare, la risposta è costituita da una sola parola: “la povertà!”. 

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