Quel giorno a Vicenza pioveva. Una pioggia sottile, che faceva risplendere la basilica bianca di Palladio. Ricordo le rive del Bacchiglione simili a quelle di un torrente di campagna, piante in disordine ricoprivano gli argini di terra umida. A tratti, da qualche palazzetto rinascimentale cascate di gerani si tuffavano nell’acqua verde. Si univano in quelle rive splendore e casualità, un connubio che sempre mi tocca. Le strade erano deserte, perché i vicentini a quell’ora della domenica sono a bere l’aperitivo nei locali con tavoli di legno e tartine da sogno ben in vista sul bancone. Davanti a me c’era Marco Fazzini con un amico. Parlavano fitto, sottovoce.

L’acqua che scendeva dalle grondaie dei palazzi apriva ruscelli nel marciapiede. Loro li attraversavano senza farci caso, il bordo dei pantaloni bagnato, la scarpa intrisa d’acqua. Il piccolo ombrello non riparava le loro spalle che portavano l’impronta fradicia, come se qualcuno li avesse agguantati da dietro con grandi mani bagnate. Invidiavo la loro conversazione, talmente appassionata da non accorgersi che dal basso e dall’alto l’acqua stava lentamente mangiando i loro vestiti. Forse fu a causa dello stato d’animo creato dalla bellezza della città che quando entrai nella galleria d’arte di Marco fui investita da un’onda di emozioni, quelle che non hanno un nome ma ti fanno sentire al posto giusto nel momento giusto. Gli acquarelli alle pareti della galleria (la mostra ha per titolo Water Views ed è ora al Museo san Fermo di Verona) venivano dai posti più disparati, alcuni erano belli, altri sorprendenti, alcuni interessanti. Ma uno su tutti era così in sintonia con quello che sentivo che alla fine chiesi il prezzo.

Era un poetico paesaggio di neve, in primo piano un automobile grigia, in fondo, dietro una casa moderna una piccola fila di luci colorate. Per me era troppo caro, ma Marco mi raccontò molte cose sull’autore, l’americano Jonathan Janson.

“Mi piace la poesia e mi sorprende vederla rappresentata con mezzi altri dalla parola”, dissi. Scoprii che questo gallerista è un fine intenditore di poesia e che nel 2010 nel suo spazio vicentino dedicò una bella mostra alla poesia che accompagna la pittura (da cui è nato un libro che consiglio: Collezione 7×11. La poesia degli artisti, Amos edizioni 2010).

“Ogni tanto facciamo dei reading di poesia. Uno la settimana prossima, perché non vieni?”. Ma mi era impossibile tornare in Veneto. Marco allora a sorpresa mi regalò cinque raccolte poetiche pubblicate dalla sua bella, piccola e raffinata casa editrice, Le edizioni del bradipo. Ogni libro è stampato su carta pesante ruvida; incisioni e disegni accompagnano i testi.

Tornata a casa trovai una busta con le poesie inviatomi da Vittoria Fonseca, poeta che stimo e apprezzo. La sera il mio amico Julio Monteiro Martins mi regalò il suo ultimo libro di versi. Un altro amico lucchese, Alessandro Trasciatti, mi spedì la sua succinta raccolta stampata meravigliosamente su carta tagliata a mano, per le Edizioni del ragazzo innocuo. La poesia mi chiamava, dunque, a occuparmi di lei. Sono passati pochi mesi ed ecco qui il mio personale reading solitario. Le metto in ordine alfabetico per autore:

1.da Manuel AlegreCi sarà un altro mare, edizioni del bradipo, 2011

 Terza poesia del pescatore

Sono appena la cenere di una stella/un viaggiatore di passaggio/

la scia di una palla di fuoco raffreddata/un residuo/

neuroni nervi muscoli ossa cellule/materia peritura trasformabile/

un bipede con parola e con chitarra/carico di versi e di metafore/

un metro e settantacinque d’un pianeta condannato/

domani non sarò che una scintilla/un lampo nella notte/una favilla/

l’ombra di un’ombra o altra forma d’energia/

sono l’ultimo suono di un’ultima sillaba/una formula un atto un’alchimia/

un infortunio di Dio nel buio dell’aldilà/

nessun volto corpo di nulla/o forse la lacrima luminosa

di nessuno

(trad. dal portoghese di Giulia Lanciani)

 2.da Yves BonnefoyLa pioggia d’estate, edizioni del bradipo, 2001

 Piove, sul burrone III

Mi alzo, vedo/che la nostra barca si è girata, stanotte./

Il fuoco è quasi spento./ Il freddo spinge il cielo con un colpo di remo./

E la superficie dell’acqua è solo luce,/

Ma sotto? Tronchi d’alberi senza colore, fronde/ intrecciate come il sogno, pietre/

la cui corrente rapida ha chiuso gli occhi/

e che sorridono nella stretta della sabbia.

(trad. dal francese di Fabio Scotto)

3.da Douglas Dunn, con incisioni di Will Maclean, A Whisper to the Muse, edizioni del bradipo 2012

 Ozio

Puoi udirli? Il battito di una farfalla. /L’ala che s’apre di uno scricciolo a riposo./

Il sospiro in giardino di uno spettro esausto./

Una poesia intrappolata dentro un calamo vuoto

(trad. dall’inglese di Marco Fazzini)

 4.Da Vittoria Fonseca, Una giumella di senso, Supernova 2013

 La lettera P

E’ la lettera della poesia/e della perdita che l’ispira.

E’ la lettera della passione/del passato e dei pezzetti/che vi vado raccattando-/

La lettera della pienezza/e della piccolezza/la lettera di Pessoa./

E’ la lettera del padre/e delle sue parole/che seppero di pane

 5.Da Julio Monteiro MartinsLa grazia di casa mia, Rediviva edizioni 2013

 Palingenesi fasulla

Borborigmo birbantello./Procacciatore. Progenitore./Profittatore.Profiterole./

(dimmi un po’/quanto ti piacciono le parole?)/

Fatterello, mulinello/turbinio, risucchio/pescecane, pisciacane/

marzapane, piantagrane/(ma quanto ti piacciono/ le parole/ italiane!)/

Tarassaco, talabalacco,/fuorisacco, culdisacco,/maghetta, magagna,/

Magari/(quanto ti piacciono i vocabolari!)/

Pupazzo,/polpetta, pompelmo,/tafferuglio, baruffa,/buchetta, bucaniere,/

carboniere, carabiniere/(sono fortissime/queste parole straniere)/

Cocomero, cucuzzolo,/cuccagna, culatello/colbacco, perbacco,/

(anche io mi diverto un sacco)/

Giochetto antelucano,/nottetempo,/battifianco, nondimanco,/

(ma ora sono un poco stanco)/

Pipistrello, polentone,/palpatina, palmatoria,/palmarés o pince-nez/

(dormo e poi,/come sempre, le sogno/

in português)

6.da R.S.ThomasL’assente fra le stelle, edizioni del bradipo 2001

La brughiera

Era come una chiesa per me./Ci entravo in punta di piedi,/

respiro trattenuto come un berretto nella mano./C’era molta quiete./

Qualunque Dio ci fosse si faceva sentire,/non ascoltare, in colori nitidi/

che facevano inumidire gli occhi,/nel movimento del vento sull’erba./

Nessuna preghiera veniva detta. Ma la calma/

delle passioni del cuore era una lode/sufficiente; e la mente che cedeva/

il suo regno. E procedevo/semplice e povero, mentre l’aria si sbriciolava/

E si rompeva su di me,/generosa come pane

(trad. dall’inglese di Massimiliano Morini)

7.da Alessandro Trasciatti, Canzone dell’amore storto, con acquaforte dell’autore, edizioni Il ragazzo innocuo 2010

Abbiamo cuori per tutte le stagioni,/ma pure non è semplice/

il cambio alle scadenze,/dirsi un addio,/non indossare più certe cravatte./

Io tiro avanti,/alzo la mia saracinesca/

(non ho mai tolto quel pittura fresca/a salvaguardia dalle biciclette),/

mi siedo al tavolino e aspetto gente./Forse l’amore capita così,/

guardando la maniglia che si abbassa.

Di Trasciatti aggiungo anche questa, che tanto mi ricordo l’amato Sandro Penna.

E tu che apetti,/amore storto nel mio cuore,/

fitto di spine e spade,/corde, impiccagioni,/tranelli a freddo,/

rifiuti in terza rima?/No, l’errore è mio/che attendo il tuo venire/

sopra un binario morto.

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