Tanta gente e tante bandiere palestinesi. Ma soprattutto tanti ricordi. Su tutti, quelli di papà Pierluigi, che parlando nella chiesa di Pitigliano (Grosseto), ha confidato alle centinaia di persone presenti: “Non conoscevo mio figlio, non ho avuto il tempo di accorgermi che era speciale”. No, non ha avuto il tempo di conoscere fino in fondo suo figlio che raccontava sempre che “tutto andava bene” laggiù, perché Simone Camilli è morto troppo presto, a soli 35 anni, per l’esplosione di un ordigno, mentre stava facendo il suo lavoro: raccontare quello che sta succedendo a Gaza.

Pierluigi sa bene quello che si rischia a fare il reporter, anche lui è stato giornalista, in modo diverso però da Simone. Lui, come ogni genitore premuroso, voleva un posto sicuro per il suo ragazzo: “Avevo anche cercato di fargli fare il concorso in Rai. Qui vedo tanti colleghi… Ma non ci sono riuscito. Mi diceva: ‘Vengo lì e mi siedo? Se voglio fare il giornalista devo andare dove succedono le cose‘”. Poi un rimpianto, che si mischia alla gioia di un padre che vede realizzare i propri sogni attraverso il figlio. “E’ dura ammetterlo. Ma io queste  cose che ha fatto Simone – ha raccontato ancora dall’altare Pierluigi Camilli – nella mia vita professionale non le ho mai fatte. Questi consensi così profondi non li ho mai avuti”. Perché Simone era benvoluto da tutti, il suo lavoro era apprezzato, specialmente laggiù, a Gaza, dove si combatte l’ennesima guerra. Quando Pierluigi è andato a Gerusalemme per riportare la salma del figlio a casa, in tanti lo avvicinavano per dirgli che “Simone era una persona speciale“.

La compagna di Simone, Ilfa, olandese, pensa invece al futuro, ora, senza di lui: “Eravamo felici, soprattutto dopo il nostro trasferimento nella nuova casa a Beirut e ora non so come potrò vivere senza di te”. Poi la memoria scivola via, corre indietro nel tempo, a otto anni fa. Quando loro due si incontrarono in una strada di Gerusalemme, e poi la gioia per la nascita di Nur, la figlia di 3 anni, che era in prima fila in braccio ai familiari nella cattedrale di Pitigliano, e che ora dovrà crescere senza il papà. “Sentivi la libertà di poter raccontare quello che avevi sempre voluto” ha raccontato Ilfa, ricordando l’ultima telefonata attraverso skype con Simone, proprio da Gaza, la sera prima della sua morte, “e come abbiamo chiuso restando in silenzio alcuni istanti”.

Sente invece di dover tornare là dove è morto il figlio, Maria Daniela, la mamma del reporter: “Tanti mi dicono che devo farmi coraggio che ho il resto della mia famiglia. Ma non mi basta: io sento che devo tornare lì, devo fare qualcosa”. “Simone è morto in un luogo che si chiama la valle degli ulivi – ha aggiunto – Per noi l’ulivo rappresenta qualcosa e io questo ulivo me lo sono messo nel cuore”.

“La guerra è odio concretizzato, materializzato.La violenza si vince con il dialogo, la violenza si vince con la pace”. Queste le parole nell’omelia del vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello, monsignor Guglielmo Borghetti.

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