Palazzo Madama approva il Senato dei nominati. C’è l’immunità per i senatori non eletti, salta l’indennità. Cambia la modalità di elezione del presidente della Repubblica e restano le forme di democrazia diretta, con l’aggiunta del referendum propositivo. Il ddl Boschi ottiene il primo via libera con 183 voti a favore e 4 astenuti (dovrà poi avere due approvazioni per Camera e poi sarà presentato ai cittadini con referendum) dopo settimane di polemiche e scontri. Sedici i ‘dissidenti’ Pd, in 14 non hanno partecipato al voto finale, due gli astenuti. Diciannove, invece, i ‘frondisti’ FI che, secondo i tabulati, non hanno votato ai quali si aggiungono 8 esponenti di Ncd e 2 del gruppo Per l’Italia. Il primo commento è di Matteo Renzi su Twitter: “Ci vorrà tempo, sarà difficile, ci saranno intoppi. Ma nessuno potrà più fermare il cambiamento iniziato oggi #italiariparte #lavoltabuona”. Poi il ministro per le riforme Maria Elena Boschi: “E’ il primo segnale importante della voglia di cambiare il Paese ed è la capacità di rispettare gli impegni presi con i cittadini”.

Non partecipano in segno di polemica Lega Nord e Sinistra ecologia e libertà. Il Movimento 5 stelle e Augusto Minzolini, tra i critici di Forza Italia, lasciano l’Aula dopo l’intervento. Anche i dissidenti Pd non votano. Il relatore Roberto Calderoli esprime alcune perplessità e annuncia la sua astensione. Si chiude così la prima puntata della lunga storia della riforma del Senato. Due settimane di lotta in Aula: 8mila emendamenti, il corteo al Colle delle opposizioni per chiedere un intervento e l’ostruzionismo a singhiozzo. Cinque voti a scrutinio segreto: per due volte la maggioranza è andata sotto, ma per il resto ha retto il colpo. Quando il presidente del Consiglio azzardò come scadenza l’8 agosto, i parlamentari già tremavano pensando alle vacanze saltate. Il “canguro”, la tecnica per far decadere le modifiche simili una volta bocciata la prima, l’intervento della svolta insieme al contingentamento dei tempi. Restano le polemiche sulla gestione di Piero Grasso. Il presidente del Senato abbandonato dai democratici i primi giorni e criticato di imparzialità dalle opposizioni è solo uno dei protagonisti della corsa per il primo sì al testo del governo. Si chiude con un’Aula mezza vuota: ci sono Pd, Forza Italia e Ncd a votare per il testo che, come dice il capogruppo Paolo Romani, porta due firme: “Quella di Renzi e quella di Berlusconi”. I grillini invadono il Transatlantico e una senatrice scoppia in lacrime “per la tensione”.

Forza Italia: “Percorso ancora lungo, ma noi ci saremo”. “Questa riforma”, commenta il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, “ha due firme: quella di Matteo Renzi e quella di Silvio Berlusconi. Senza un clima di condivisione e maturità, non saremmo arrivati a questo punto”. Il percorso delle riforme “è ancora lungo e complesso, sarà non senza difficoltà e senza contrasti. Oggi è il primo passo, ma forse il più importante. Avremmo voluto cambiare la forma del governo”, con l’elezione diretta del capo Stato o con l’aumento dei poteri del primo ministro, ha specificato Romani, sottolineando come “la collaborazione non può nascondere le differenze politiche”. La riforma “avrà effetti concreti sulla vita di cittadini e imprese”, specifica Romani, grazie all’iter più snello del procedimento legislativo. Durante il suo intervento ha nominato più volte il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, sottolineandone il ruolo chiave nel percorso riformativo. Proprio in chiusura del suo discorso, Romani sottolinea: “Forza Italia ci sarà. Silvio Berlusconi ci sarà”, in riferimento alle prossime tappe della riforma.

Augusto Minzolini invece esce dall’Aula: “Non voterò e uscirò dall’Aula al momento del voto. Spero che nell’iter della Riforma la sapienza si sostituisca all’insipienza”. Sono allibito” e durante il dibattito sulle riforme ho avuto “due grandi delusioni: lei – ha detto Minzolini rivolgendosi al presidente del Senato, Pietro Grasso – che dimostra come la tanto osannata società civile sia peggio della politica”. La conduzione dei lavori “mi ha convinto a rivolgermi alla Corte europea” i precedenti non creino problemi in futuro. “La seconda delusione è Renzi: si poteva dar vita a carta condivisa”, invece ha spiegato Minzolini “serve come diversivo per coprire l’incapacità del governo a varare riforme vere. Sarebbe meglio abolire del tutto il Senato invece che farne un organismo inutile e dannoso”.

Pd: “Al sistema serve l’efficienza dei governi”. I dissidenti Pd non partecipano.“Il nostro sistema pubblico ha bisogno di riforme finalmente realizzate, non solo immaginate”. Così il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda dichiara il voto favorevole del gruppo al ddl di Riforma Costituzionale. E continua: “Il voto dei senatori del Partito Democratico poggia sulla consapevolezza che la soluzione della drammatica crisi italiana è così lunga e così complessa perchè abbiamo non solo un’economia debole, ma anche istituzioni vecchie, un sistema politico malato, amministrazioni pubbliche inadeguate”. I critici del Partito democratico, da Corradino Mineo a Vannino Chiti non parteciperanno al voto. Così Massimo Mucchetti sul blog ha annunciato: “Non partecipo al voto perché non intendo condividere, almeno in questa prima lettura, una riforma costituzionale che ritengo sbagliata per quattro ragioni principali. La prima ragione è costituita dai tempi. La priorità del governo avrebbe dovuto essere l’economia. La notizia di questi giorni non è il Senato che approva questa legge ma l’Italia in recessione”. Critiche anche dal senatore Chiti: “Secondo me così complicheremo il sistema e deluderemo i cittadini“. Le nostre critiche non sono “il vecchio che avanza e ritorna, questo è un refrain stantio di chi in quest’aula ha usato più slogan che idee”.

Il relatore Roberto Calderoli: “Mi astengo. Testo così è incostituzionale”.  Voto astensione al ddl Riforme per il relatore Roberto Calderoli (Lega Nord) “in dissenso con il mio gruppo che abbandonerà l’Aula”. Specifica poi che si tratta di “un’apertura di credito”, sperando che la Camera cambi il testo non nel senso di ritorno alla versione originale del ddl, ma per correggere alcuni nodi, in quel caso “sarei pronto a dire si”. “Comprendo la posizione” della Lega, anche alla luce “di una serie di forzature sul metodo poco accetabili”. Calderoli spiega che “pressioni ci sono state, come dimostrano i voti segreti”, in cui il Governo è stato battuto. Le pressioni, secondo Calderoli, sono state esercitate anche sui relatori del provvedimento.E chiude: “Vorrei precisare una cosa: il canguro è nato con Mancino, ma l’ho svezzato e cresciuto io. Il suo di canguro è stato un canguro col jet nel sedere”.

Ncd: “Passo importante. Considerare il semipresidenzialismo”. Soddisfatto Gaetano Quagliariello (Ncd): “Oggi è solo un primo passo, si deve considerare il semi-presidenzialismo come punto per mantenere in equilibrio il sistema. Si apre davanti a noi una scommessa di mille giorni, alla quale siamo chiamati a partecipare con attitudine costituente. Abbiamo cominciato cambiando noi stessi, dovremo concludere il cammino cambiando l’Italia”.

Le opposizioni non partecipano. Lega Nord e Sel non partecipano al voto finale. “Non possiamo essere complici”, dice Gian Marco Centinaio, capogruppo del Carroccio a Palazzo Madama, “di chi sta affossando questo paese”, ha detto in Aula. “Non possiamo condividere questa esperienza fallimentare. La pochezza dei risultati, gli atteggiamenti, il percorso fin qui svolto ci hanno spinto a considerare che non meritate nemmeno il nostro voto. Non possiamo essere complici di chi sta affossando questo Paese”. Stessa posizione per Sinistra ecologia e libertà: “Questo è solo l’inizio della battaglia”, dice la capogruppo del gruppo Misto-Sel Loredana De Petris, “voi vi illudete di aver vinto, ma alla fine la saggezza dei cittadini rimanderà al mittente questa riforma che rappresenta un dissesto dell’architettura costituzionale. Da domani questa battaglia si sposterà alla Camera e poi nel Paese in vista del referendum, che il governo si aspettava come un plebiscito e invece non è detto che vada come il governo spera. È solo l’inizio della nostra battaglia, con la costituzione dei comitati per il ‘no'”. I 5 Stelle resteranno fuori dall’Aula. “Consegnerò”, dichiara il capogruppo grillino Vito Petrocelli, “le centinaia di mail arrivate alle caselle di posta di tutti i senatori con gli emendamenti che gli italiani avrebbero voluto fare alla riforma. Davvero non potevamo sopravvivere senza questa riforma? Pensate alla riforma della costituzione quando arrivano le bollette sempre più alte e non riuscite a pagarle?”.

Anche Gal non è in Aula al momento del voto. “Avremmo dovuto tutti contribuire a una vera rifondazione del nostro Paese”, dichiara Antonio Scavone, vicepresidente vicario del gruppo Grandi Autonomie e libertà, “a partire da questa Riforma costituzionale, ma purtroppo questo desiderio è rimasto frustrato. Il risultato a cui siamo arrivati è una grande occasione perduta. Per questo, pur nell’indomita speranza che i successivi passaggi parlamentari siano caratterizzati da responsabilità, dignità e orgoglio, abbiamo deciso di non partecipare al voto finale del provvedimento”.

La senatrice a vita Elena Cattaneo si astiene. “Non ho visto il coraggio di volare alto. La verità è che non è questa la riforma costituzionale che serve al Paese. Si è parlato di allucinazione e professoroni con sentimento di sufficienza verso accademici impegnati”.

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