Quello che sta avvenendo in questi giorni nell’Aula del Senato è uno spettacolo che non si era mai visto nella storia della Repubblica. Certo, la dialettica parlamentare è stata altre volte infuocata, ma mai nessuno si era spinto a voler cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza, con minacce di elezioni anticipate contro i dissidenti del proprio partito o, infine, con altri trucchetti di bassissima lega. Si tratta di una forzatura istituzionale senza precedenti.

Qualsiasi riforma costituzionale dovrebbe partire da una premessa fondamentale: quella Carta, figlia dell’antifascismo e nata dall’incontro tra diverse culture, è il simbolo della ricostruzione nazionale basata su pochi principi fondanti: rispetto della persona, solidarietà, condivisione e l’impegno dello Stato di garantire a tutti la possibilità di vivere una vita dignitosa. All’epoca della sua stesura, nonostante le profonde divisioni politiche tra chi la ideò, ci fu un accordo sulla forma e sulla sostanza. Modificare oggi un testo del genere togliendo ogni spazio alle opposizioni è un’offesa alla memoria dei nostri Padri costituenti.

Al legittimo ostruzionismo delle opposizioni, si risponde, evitando il voto segreto (che in un Parlamento di nominati è l’unico modo per esprimere il dissenso e che ha già fatto emergere le lacerazioni profonde nel Pd), si risponde introducendo strumenti che consentono di cancellare emendamenti e si risponde con il contingentando dei tempi per la discussione. Con un Presidente del Senato che arriva a minacciare addirittura «l’intervento delle forze di polizia in caso di tumulti», si è arrivati ad un punto di non ritorno.

Tra una ghigliottina di Grasso, un canguro e una senatrice che finisce all’ospedale, lo spettacolo è davvero deprecabile. Se è vero come è vero che la Costituzione è la Costituzione di tutti gli italiani, qualsiasi sua trasformazione dovrebbe coinvolgere non solo la maggioranza, ma anche l’opposizione.
Questa riforma invece non solo esclude forze politiche diverse e trasversali come il Movimento cinque Stelle, la Lega Nord e SEL che la contestano apertamente, ma trova anche diverse voci di dissenso all’interno dei due principali partiti, PD e FI, che la sostengono. A ennesima conferma di questo venerdì l’aula del Senato ha respinto l’emendamento n. 2.1360 a prima firma del “dissidente” Pd, Vannino Chiti, sull’elettività dei membri del futuro Senato in ciascuna Regione.
Non voglio qui entrare nel merito della discussione come ho fatto in altre occasioni e, del resto, tante sono già state le autorevoli voci critiche al riguardo. Inviterei, piuttosto, a riflettere sulla forma che si è scelta di perseguire. A colpi di maggioranza e con il muro contro muro si vuole stravolgere la Costituzione. Non dobbiamo inoltre dimenticare che si tratta di un percorso molto lungo perché l’eventuale approvazione al Senato è solo l’inizio di un iter che, con queste forzature, molto difficilmente arriverà fino in fondo. E, comunque, dato che sicuramente non sarà raggiunta la maggioranza dei due terzi prevista dalla Costituzione, ci sarà un referendum confermativo dove i cittadini, come nel 2006, potranno (speriamo!) dimostrarsi ancora una volta più lungimiranti della loro classe politica al governo.
A chi giova tutto questo? In primo luogo, sicuramente a Renzi, che, dopo mesi di marketing, battute e slogan pubblicitari, non può presentarsi al prossimo Consiglio Europeo di ottobre senza nulla in mano. Gioverebbe, in secondo luogo, a Napolitano, il grande direttore d’orchestra delle ‘Riforme’  (Grasso è soltanto un burocrate ai suoi ordini?) che attende la sua realizzazione per iniziare quel suo riposo dalla vita politica tanto atteso dagli italiani. Gioverebbe a Berlusconi, infine, ormai felice di accontentarsi di un ruolo da comprimario rispetto a chi oggi gli offre maggiori garanzie di sopravvivenza anche del suo stesso partito.

Ma, a parte Renzi, Napolitano e Berlusconi, queste “riforme” non porteranno alcun giovamento agli italiani, a cui, al contrario, interesserebbe che le forze politiche si impegnassero a far rispettare i dettami più profondi della Carta costituzionale, come quello di garantire a ciascun cittadino di poter condurre una vita dignitosa.

La forma con cui si sta procedendo in Senato è l’autunno della Repubblica e se il Presidente Grasso non è in grado di lasciare alle opposizioni il diritto di esprimersi, non resta a queste ultime che un’unica alternativa: abbandonare il Senato. Dopo aver stuprato la nostra Carta con il pareggio di bilancio nel 2012, questi signori delle “larghe intese” devono restare soli nella vergogna e nel giudizio della storia. 
Dopo quello che è successo ieri do vrebbe essere chiaro a tutti che, alla fine, esiste solo un’ opposizione che non è disposta a compromessi:  quella del MoVimento 5 Stelle.

 

 

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