Si è chiusa il 24 giugno scorso a Genova la 16a edizione del Suq Festival, con oltre 70mila presenze in dodici giorni e un altissimo gradimento per il programma culturale: la rassegna Teatro del Dialogo, con spettacoli che hanno toccato nel vivo le attualissime tematiche di immigrazione e razzismo; l’iniziativa dei “biglietti sospesi” per cittadini in difficoltà, invitati attraverso le associazioni; gli affollatissimi concerti di artisti italiani e stranieri; le performance di danza, gli spettacoli degli studenti e i laboratori pomeridiani per i bambini; le officine gastronomiche multietniche; gli incontri culturali con grandi personalità dedicati a temi d’attualità, sostenibilità, disagio sociale, buone pratiche e sud del mondo; il bazar degli artigiani e dei ristoratori (15 cucine di provenienze diverse), letteralmente invaso da un pubblico di ogni età e provenienza.

Una ricetta che non invecchia e anzi cattura sempre di più, perché il mercato e il cibo sono accessibili a tutti, ma attraverso di essi il Suq mette gratuitamente sotto gli occhi delle persone un programma culturale che tanti – per i motivi più disparati – altrimenti non cercherebbero né vivrebbero. Per alcuni giorni il suggestivo tendone sul mare nel Porto Antico di Genova si trasforma davvero in una piazza meticcia reale, unica nel suo genere.

Nel corso della rassegna Aspettando il Suq sulle “nuove piazze”, lo scorso maggio, ci eravamo interrogati anche con il contributo di Peter Gomez su valori e problematiche del binomio “piazze reali – piazze virtuali. Alla luce dei dati web di questa 16a edizione (60mila utenti in dieci giorni la portata dei contenuti Facebook, circa 137mila impressions su Twitter, quasi 30mila accessi al sito e altrettanti al blog Speciale Festival) possiamo affermare di aver fatto esperienza su come una piazza reale “piena”, viva e feconda produca movimento sul webinterazione e valorizzazione digitale di ciò che avviene nella realtà. Il Suq è infatti un luogo dove le persone si vedono, si incontrano, si sfiorano, dove i sensi corporei, la fisicità della relazione, non vengono meno. Solo così ci spieghiamo il riversarsi sul web di emozioni, pensieri, immagini, condivisioni da parte di tantissimi utenti. Ciò che è vissuto si realizza nell’essere condiviso anche virtualmente. Laddove si “pompasse” solo un contenitore virtuale “vuoto”, il gioco non funzionerebbe. Anche questa è esperienza di nuove dinamiche, nuove reti, nuove comunità reali e virtuali.

Di questo ha bisogno un’Europa attaccata da nuove ondate xenofobe, una situazione politica frammentaria e affaticata, un’insieme di vicende mediterranee agitate, che originano la continua migrazione di persone verso il Nord del mondo, in cerca di futuro, diritti, dignità, di fronte alle quali è evidente il fallimento dei sistemi di accoglienza ma anche quello di un sistema economico iniquo a livello globale. Una necessità questa, di maggiore investimento culturale su questi temi, che riporta anche il Report della Commissione Europea Cultural Diversity and Intercultural Dialogue, dove il Progetto Suq Festival e Teatro viene citato tra i 40 buoni esempi per la promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale con obiettivi, parametri e valori. Istituzioni e realtà attive nel campo dell’intercultura sono chiamate dall’Europa a riflettere singolarmente e insieme su vari aspetti, tra cui: programmazione (quali contenuti per interessare persone con retroterra sociali e culturali diversi?) – personale (come creare team di lavoro rappresentativi delle diverse culture) – nuove fasce di pubblico (come rendere la cultura accessibile davvero anche alle fasce svantaggiate o non abituate?) – luoghi di incontro (come creare luoghi in cui ciascuno si senta a proprio agio, accolto?). Speriamo che l’Italia ne tenga conto, che assecondi quell’innovazione nei linguaggi e nelle esperienze culturali, indispensabile per lo sviluppo di tutti e per il futuro, anche professionale, delle nuove generazioni di creativi. 

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