La norma galeotta è contenuta nel comma 72 di un documento di 47 pagine, un maxi emendamento sul quale il governatore azzurro della Campania Stefano Caldoro ha posto la fiducia. Uno zibaldone di revisioni legislative faticoso a leggersi, portato in aula in maniera anomala sei mesi dopo al bilancio al quale era “collegato”, eppure liquidato in tempi record, che la maggioranza del consiglio regionale campano ha approvato a scatola chiusa e senza fiatare per evitare di andare a casa con un anno di anticipo. In questo modo e “con evidenti e spregiudicate finalità di campagna elettorale”, accusa il Pd, si è deciso di riaprire i termini del condono edilizio del 1985 e del 1994 in Campania, annullando la scadenza del 31 dicembre 2006 per sostituirla al 31 dicembre 2015, cancellando una serie di norme e vincoli sulle aree protette – a cominciare da quella della costiera sorrentina e amalfitana – e consentendo incrementi di volumetrie persino nelle zone rosse a rischio Vesuvio se finalizzate alla stabilità e al risparmio energetico degli edifici.

La delibera è passata con il voto di Fi e di quasi tutto il centrodestra, mentre il Pd e resto del centrosinistra hanno abbandonato l’aula per protesta con la speranza – risultata vana – di far mancare il numero legale. Dentro lo stesso zuppone, diluito in 243 commi, è passata una mini riforma elettorale che sembra scritta apposta per ostacolare le ambizioni del sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, il candidato in pectore del Pd per sbarrare il prossimo anno la strada al Caldoro-bis. L’incompatibilità dei primi cittadini campani viene infatti tramutata in ineleggibilità. De Luca, e gli altri sindaci che volessero aspirare ad entrare in consiglio regionale, dovranno dimettersi irrevocabilmente dalla carica di primo cittadino prima dell’accettazione della candidatura alle elezioni regionali. La norma finora in vigore consentiva di optare dopo il voto, e così fece De Luca nel 2010. Sconfitto da Caldoro, dopo qualche mese di doppio incarico preferì rimanere sindaco di Salerno e dimettersi da consigliere regionale. Viene inoltre alzata la soglia di sbarramento delle coalizioni dal 5% al 10%. Anche qui si odora il profumo di norma “anti personam”. In questo caso quella di Beppe Grillo e del suo M5S.

E così si rispolvera la vecchia tentazione di Forza Italia in Campania, che in prossimità di ogni appuntamento elettorale promette più cemento per tutti. Soprattutto se abusivo. Finora l’attenzione si era concentrata sulla riapertura del condono 2003, rimasto precluso alle 76.836 opere abusive censite in Campania dopo il 1994 a causa di una legge regionale voluta dall’allora Governatore Ds Antonio Bassolino che ha dichiarato insanabili gli immobili edificati senza licenze e in aree vincolate. I numerosi tentativi della pattuglia di parlamentari campani guidata dall’avvocato Carlo Sarro si sono infranti sui voti contrari della Lega Nord. Così per quegli abusi resta vigente il divieto di condono. Ma nel “collegato” della Campania si offre una seconda chance a chi riuscirà a dimostrare di aver compiuto l’abuso prima del 1994.

Il segretario campano Cgil, Franco Tavella, boccia il provvedimento senza se e senza ma: “Dà il via libera all’ulteriore cementificazione di un territorio già devastato”. E qualche mal di pancia ha attraversato anche il centrodestra. Carlo Aveta, consigliere eletto nella lista La Destra e organico alla maggioranza, ha votato contro: “E’ un atto illegittimo, il ‘collegato’ dovrebbe attenere solo a norme di natura finanziaria”.

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