Caro Vincenzo,

Ho provato a immaginare come tu ti debba sentire in questo momento, ma la verità è che non ne ho la più pallida idea. Sono sempre stato un pessimo sportivo in qualunque disciplina abbia mai praticato e non ho mai provato l’ebbrezza di arrivare da solo, davanti al traguardo, a braccia alzate. Non ho mai vinto nulla e i momenti in cui avevo gli occhi di tutti puntati addosso, quei tutti erano qualche decina, forse un centinaio di persone che dovevano stare a sentire quello che avevo da dire per qualche minuto in contesti in cui, però, non si vinceva nulla.

Tu invece stai per fare il tuo ingresso trionfale in maglia gialla sugli Champs Élysées di Parigi e, quindi, nella storia. Il tuo nome sarà scritto assieme a quello di Bottecchia e di Bartali, di Coppi, di Gimondi e di Pantani e io, davvero, no, non so proprio cosa si possa provare. Ci sei arrivato da solo, con la sola forza delle tue gambe e con la tua intelligenza che ti ha detto quando scattare per lasciare indietro i rivali.

Forse sei talmente preso dalla corsa che non ti sarai reso conto del vero miracolo che hai compiuto: sei riuscito a far riaffezionare gli italiani al ciclismo. Per rendersene conto, basta vedere come siano cresciuti gli ascolti del Tour nell’arco di queste tre settimane nel nostro paese. Tutti i giornali titolavano su di te e sulle tue imprese, sei riuscito a far tornare la bicicletta in prima pagina.

Arrivato a Parigi per te inizierà una fase nuova. Sarai accolto in patria come un eroe (Renzi su Twitter l’ha già fatto capire) e ti chiederanno come ti senti, a chi dedichi la vittoria eccetera. Quando risponderai, sarebbe bello se tu non pensassi solamente alla squadra che ti ha supportato, al direttore tecnico, alla famiglia e agli sponsor, ma anche a tutti coloro che da casa hanno corso con te e hanno alzato le braccia insieme a te all’arrivo a Chamrousse e a Hautacam.

Sono convinto che tra questi ci siano anche tanti ragazzini che, adesso che sono finite le scuole, hanno trascorso i pomeriggi incollati alla tv a guardare te che spingevi forte sui pedali, nella speranza di poter uscire al più presto per inforcare la bicicletta e sfidare gli amici per le strade di paese dicendo “io sono Nibali, tu sei Valverde e tu sei Pinot”. Proprio come facevamo noi, quando si litigava su chi dovesse essere Bugno e chi Chiappucci, su chi Saronni e chi Moser, su chi dovesse essere Merckx e chi Gimondi.

La questione è che mentre noi all’epoca potevamo uscire tranquillamente in strada per sfidarci sulla salita dietro casa e farci la gamba, i ragazzini di oggi non hanno la stessa possibilità: le strade sono diventate pericolose per loro (sulle strade in Italia muore un bambino a settimana investito) e se vogliono pedalare un po’ devono andarsene al parco oppure essere scortati dagli adulti, come avviene a Milano dove i volontari della critical mass ogni mattina accompagnano i bambini a scuola per proteggerli dal traffico motorizzato.

Vedi, caro Vincenzo, questi ragazzini sono il futuro del ciclismo italiano e se non li mettiamo in condizione di pedalare in sicurezza, difficilmente potremo avere nuovamente altri campioni come te. Il rischio è che i genitori, pur di non esporre i propri figli, potenziali campioni, al rischio di essere investiti su strada, li dirottino su discipline più “sicure” come il calcio, la pallacanestro o il tennis.

E quando incontrerai Renzi, diglielo che se le cose non cambiano in fretta, rischiamo di non vedere mai più un italiano in maglia gialla. Digli che quello di cui c’è bisogno non sono le piste ciclabili (che vanno bene per far pedalare le nonnine con il cestello), ma la moderazione del traffico e la riduzione dei limiti di velocità nei centri urbani (come hanno fatto Londra e Parigi) perché solo in questo modo i bambini potranno riconquistare la fiducia nei confronti della strada, in modo che questa torni ad essere luogo di incontro e non  di scontri mortali. Ricordagli di spingere l’acceleratore, oltre che sulla riforma del Senato, anche sulla riforma del codice della strada in modo da tutelare i soggetti più vulnerabili.

Questo è un percorso che in Gran Bretagna hanno iniziato da tempo: secondo un rilevamento del mese scorso, il numero di bambini che vanno a scuola in bici è raddoppiato nell’arco di un anno, passando dall’8,2% al 16,2%. E i giornali parlano apertamente di “Effetto Wiggins“.

Pensa se all’Effetto Wiggins dovesse essere seguito un Effetto Nibali. Non ti emozioni solo a pensarci?

Caro Vincenzo, grazie mille per quello che hai fatto oltralpe.

Grazie per averci resi orgogliosi di essere italiani.

ZAZARAZAZ!

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