In attesa della pronuncia dei rispettivi tribunali sui casi di Roberto Calderoli e del suo collega di partito Fabio Ranieri, segretario della Lega Nord in Emilia-Romagna, per le offese all’ex ministro Cècile Kyenge, a Trento è stata emessa una sentenza che potrebbe far giurisprudenza.

Oltre alla condanna per diffamazione aggravata dall’odio razziale, l’imputato è stato condannato anche a risarcire le associazioni che si erano costituite parte civile. La storia nasce anch’essa su Facebook. Nel luglio del 2013 Paolo Serafini, 52 anni, entrato in consiglio circoscrizionale di Trento con la Lega Nord (poi finito nel gruppo misto), sull’onda della polemica innescata giorni prima da Calderoli, dedica alla Kyenge un pensiero tutt’altro che ovattato: “Dopo l’insulto di Calderoli la ministra che continua a dire che l’Italia non è un paese razzista dichiara di ricevere ogni giorno, soprattutto online, minacce di morte. Ma cosa pensava di trovare questa in Italia? Forse di essere accolta e di trovare il plauso della nazione? […] Prenda atto la ministra che ovunque si muove viene fischiata e insultata. Ci sarà un perché! Rassegni lei le dimissioni e se ne torni nella giungla dalla quale è uscita”. A corollario ‘geografico’ delle frasi ecco comparire anche un serie di foto di scimmie. Quanto basta per spingere un consigliere del Pd a presentare un esposto in procura, dal quale è partita la denuncia della procura trentina e quindi il processo, che si è concluso lo scorso 15 maggio. La difesa aveva sostenuto che l’imputato avesse pubblicato il post nella convinzione di renderlo visibile solo agli “amici” di Facebook. In subordine aveva cercato di far valere il principio costituzionale della libera manifestazione del pensiero. Ma il tribunale ha ritenuto che “il limite della continenza sia stato superato” e che piuttosto che diritto di critica, nel caso di specie si possa parlare solo di “un attacco personale gratuito all’ex ministra, lesivo della sua dignità morale, nel solco di quello espresso a livello nazionale da eminente uomo politico nei giorni precedenti” (leggi Calderoli). Quanto alla frase “se ne torni nella giungla dalla quale è uscita”, si possono dire “integrati gli estremi dell’aggravante dell’odio razziale”.

Ora sono state depositate le motivazioni della sentenza, con la quale il giudice collegiale (a fronte della richiesta di 8 mesi di reclusione avanzata dal pm) condanna Serafini a 2500 euro di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Ma soprattutto, qui l’inedita appendice, lo condanna al risarcimento del danno morale in favore della parti civili (le associazioni Arci e Anpi del Trentino, l’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, l’Associazione stati giuridici per l’immigrazione, l’Associazione trentina Accoglienza stranieri). Nel determinare l’entità del danno i giudici tengono conto del “criterio della gravità della condotta” e della “lesione di un bene di primaria rilevanza costituzionale”: in sintesi 2000 euro per ognuna della parti costituite, più spese legali.

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