Finalmente è annunciato. Dopo settimane di anticipazioni formato scoop su “cosa vedremo a Venezia”, il programma della 71ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica è stato oggi ufficializzato alla stampa. 55 i titoli dei lungometraggi pronti ad incantare o inorridire – sicuramente a far discutere – gli spettatori che affolleranno il Lido dal 27 agosto al 6 settembre: 20 film al concorso ufficiale, 18 in Orizzonti, 17 fuori concorso ed altri divisi tra i Classici ed eventi speciali.

L’Italia si presenta col solito triunvirato di concorrenti, già da tempo noti, con l’aggiunta del “mezzo italiano” Abel Ferrara in concorso con il già annunciato Pasolini, di produzione anche tricolore. Il trittico è formato dal “leopardiano” Mario Martone con Il giovane favoloso, da Francesco Munzi con il “revenge movie” calabrese Anime nere e da Saverio Costanzo con l’intimo e newyorkese Hungry Hearts: tutti autori abituée della Mostra. Fanno loro pendant i connazionali selezionati nel concorso di Orizzonti: l’esordiente Michele Alahique con Senza nessuna pietà, il redivivo Franco Maresco con Belluscone, una storia siciliana e soprattutto Renato De Maria con La vita oscena, naturalmente ispirato all’omonimo romanzo autobiografico di Aldo Nove. Protagonista e produttore (associato) del film è Isabella Ferrari, interprete dell’opera accanto alla giovanissima promessa del cinema francese Clément Métayer. L’approccio del regista varesotto al testo di Nove è stato quasi di “attrazione fatale” rispetto alla “possibilità di raccontare sul ritmo di una lingua poetica e capace di immagini spiazzanti, una sorta di odissea pop”.

E sempre dal Belpaese è annunciato in Mostra un altro atteso ritorno, quello di Sabina Guzzanti con La trattativa, ovvero quella tra Stato e mafia. La regista/attrice/intellettuale romana ha deciso di rielaborare drammaturgicamente i punti salienti della presunta negoziazione tra lo Stato italiano e Cosa nostra, girandoli in un teatro di posa di Cinecittà. Il film sarà presentato fuori concorso come quello del napoletano Edoardo De Angelis (Perez) con Luca Zingaretti nei panni di un avvocato d’ufficio che la vita porta “oltre la legge” e quello del bergamasco Davide Ferrario che porta al Lido il documentario La zuppa del demonio.

Così dunque l’Italia nelle selezioni ufficiali veneziane, che mai come quest’anno si sono fatte sedurre da un nutrito squadrone francese: da Oltralpe arrivano infatti almeno nove titoli, escludendo le numerosi coproduzioni. Quattro sono in concorso: Xavier Beauvois (La rançon de la gloire), Alix Delaporte (Le dernier coup de marteau), Benoit Jacquot (3 coeurs) e David Oelhoffen (Leon des hommes).

Gli Usa sono presenti con registi/pellicole certamente meno attesi di quelli/e assenti, vale a dire Paul Thomas Anderson e David Fincher che pur con film pronti hanno deciso di riservare le proprie premiére mondiali al Festival di New York. Pertanto dagli States vedremo Ramin Bahrani (99 Homes), David Gordon Green (Manglehorn), Andrew Niccol (Good Kill) e il messicano di produzione americana Alejandro G. Iñàrritu che aprirà le danze con Birdman. Americano per regia ma di produzione europea è inoltre l’opera seconda del talentuoso Joshua Oppenheimer (The Look of Silence) girato in Indonesia come il suo esordio The Act of Killing. Poca ma sostanziale la presenza asiatica: dall’Iran Ghesseha della regista (unica donna concorrente a Venezia 2014) Rakhshan Bani-Etemad, dalla Cina Red Amnesia di WAng Xiaoshuai e dal Giappone Nobi del sempre sorprendente Shinya Tsukamoto. Last but not least, uno dei titoli indubbiamente più attesi è quello del turco-tedesco Fatih Akin che dopo anni di assenza torna a un grande festival: il suo The Cut sul genocidio armeno è il film più lungo del concorso durando 183’. Pare che il regista nativo di Amburgo lo abbia ritirato dalla competizione all’ultimo festival di Cannes che l’aveva selezionato: ghiotta occasione per Venezia.

Lasciando la curiosità degli altri partecipanti in Mostra (fuori concorso e a Orizzonti) alla lettura del programma, va detto che le tematiche ricorrenti appaiono quest’anno legate alla guerra, alla (solita) crisi mondiale, ai senzatetto e a spunti di storie/personaggi letterari. Il direttore artistico Alberto Barbera – solitamente poco entusiasta – si è detto “particolarmente soddisfatto della selezione di quest’anno” esprimendo un solo rimpianto: “avrei voluto Ermanno Olmi a Venezia. Ma lui ha preferito non iscrivere il suo nuovo film da qualunque cine-festival internazionale dicendo che vuole sia considerato come una testimonianza sulla guerra offerta al pubblico di massa, non a quello degli addetti ai lavori”.

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