I magistrati di Reggio Calabria l’hanno definita “la tecnica del continuo orecchio teso della cosca Iamonte che gode “della complicità o contiguità con ambienti istituzionali”. La famiglia mafiosa di Melito Porto Salvo sarebbe stata in grado di accedere ad informazioni a carattere riservato della Procura della Repubblica di Reggio Calabria. È quanto emerge nell’inchiesta “Replica” che ha portato all’arresto del boss Carmelo Iamonte, l’ultimo dei figli rimasto libero dell’anziano mammasantissima Natale Iamonte.

Il blitz ha spalancato le porte del carcere ad altri tre presunti affiliati alla ‘ndrangheta del basso Jonio reggino: Gianpaolo Chilà e i fratelli Bartolo e Francesco Verduci. “Scherza… non parlare assai, non scherzare…se c’è qualche microspia, confondono coglioni per lampioni…”. La frase è del boss Carmelo Iamonte che, spesso, rimproverava i suoi uomini invitandoli a fare attenzione alle cimici piazzate dai carabinieri. Il capo cosca era convinto di essere intercettato e aveva ragione. Nelle carte dell’inchiesta, coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dal sostituto della Dda Antonio De Bernardo, è emerso che Iamonte si era dotato di un rilevatore di microspie e ha setacciato la sua abitazione localizzando una cimice occultata all’interno del vano della presa corrente”.

Intercettati dal Nucleo investigativo dei carabinieri, gli affiliati alla cosca affermavano di “poter accedere – scrive la Dda – a informazioni a carattere riservato unitamente alla consapevolezza degli affiliati, ed in particolare di Chilà Gianpaolo e Iamonte Carmelo, di divenire oggetto di provvedimenti di carcerazione”.

“Quando partono i carabinieri di Melito, si sa!” è una delle frasi intercettate. Prima ancora che divenisse pubblica la collaborazione di un affiliato, Giuseppe Ambrogio, gli indagati sapevano che uno di loro si era pentito. È lo stesso Ambrogio che ha ricostruito ai magistrati l’organigramma della cosca Iamonte e i suoi collegamenti con la Lombardia e, in particolare, con Desio dove la famiglia mafiosa calabrese ha costituito un vero e proprio “locale” di ‘ndrangheta, emerso anche in occasione dell’inchiesta Infinito del 2010.

L’operazione “Replica” è la naturale prosecuzione di altre inchieste contro la cosca Iamonte che ha il totale controllo di Melito Porto Salvo dove condiziona le attività economiche e le scelte politiche dell’amministrazione: l’ultimo sindaco Gesualdo Costantino è stato arrestato nell’operazione “Ada”.

Segnaliamo che, in data 16 gennaio 2017, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato l’assoluzione emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare nei confronti di Bartolo Verduci ‘86

Articolo Precedente

Camorra, quando il pentito vide Cesaro coi boss: “Tu sei onorevole che ci fai qui?”

next
Articolo Successivo

Trattativa: quando i servizi vietarono al futuro generale Mori di lavorare a Roma

next