Cercasi disperatamente garanzia pubblica per il caso Alitalia. Magari anche bussando come in passato alla porta della Cassa Depositi e Prestiti. O in alternativa si accetta anche nuova liquidità dai soci privati minori come il gruppo Percassi o Davide Maccagnani. Il tutto entro la data di venerdì 25 luglio, giorno in cui si terrà l’assemblea dei soci Alitalia che dovrà prendere atto dei 568 milioni di rosso registrati dalla compagnia nel 2013 e varare un aumento di capitale compreso fra i 200 e i 250 milioni. Il braccio di ferro ingaggiato da Poste italiane sta creando non poche difficoltà per il buon esito del secondo salvataggio Alitalia. Per aderire all’operazione di messa in sicurezza dell’ex compagnia di bandiera, la società guidata da Francesco Caio ha infatti posto la condizione di poter entrare con il 5% nel capitale della nuova Alitalia, di cui Etihad avrà il 49% e in cui è pronta a investire 560 milioni.

Al contrario Caio non intende sottoscrivere, per la quota di pertinenza di Poste, pari ad almeno 40 milioni, la ricapitalizzazione di Alitalia Cai. Il piano Alitalia-Etihad “ci piace”, ha ribadito mercoledì l’amministratore delegato di Poste parlando all’Ansa. Ma è “imprescindibile” un “forte orientamento al futuro”. Di qui la volontà di puntare su una newco libera dai pesi del passato: solo così l’operazione risulterà “coerente con criteri di mercato, finanziari e industriali”, e “anche con la privatizzazione di Poste”, peraltro rinviata a data da destinarsi. Non solo: l’ex commissario per l’Agenda digitale ha anche rivendicato la “diversità essenziale” di Poste, società pubblica, rispetto agli altri soci, a partire dalle banche creditrici Intesa e Unicredit. Tirando in ballo le richieste di chiarimenti arrivate da Bruxelles in merito alla ricapitalizzazione di dicembre in cui Poste sono diventate azioniste di Alitalia“Vorrei spiegare che noi non ci riteniamo un socio privilegiato o speciale rispetto agli altri soci di Alitalia, ma diversi sì”, perché “abbiamo un vincolo da rispettare che gli altri soci non hanno, il fatto di essere al 100% di proprietà dello Stato e quindi anche con una diversa attenzione su di noi dell’Europa. Siamo sotto la lente dell’Europa affinché il nostro contributo non si configuri come aiuto di Stato”.

Ma la richiesta non è facile da far digerire agli altri soci di Cai-Alitalia. Soprattutto gli istituti di credito che resteranno nella bad company facendosi carico di debiti e vecchi contenziosi. La proposta di Poste modifica infatti l’intera struttura dell’operazione, che finora prevedeva la nascita della nuova Alitalia con soli due soci: gli ex azionisti Cai con il 51% e Etihad con il 49 per cento. E trova anche l’appoggio delle associazioni dei consumatori, Federconsumatori e Adusbef, che ribadiscono come non si possa coprire con “il sudato risparmio postale il buco nero di Alitalia e delle maggiori banche che hanno largheggiato nel finanziare le avventure dei capitani coraggiosi”.

Così, secondo quanto riferito da Il Sole 24 Ore, il governo sta ora tentando di trovare un’alternativa a Poste per concludere l’intesa con la compagnia del Golfo. Alternativa che porta a bussare alla porta della Cassa Depositi e Prestiti che già rifiutò a dicembre di partecipare alla ricapitalizzazione. E, in extremis, ad altri soci privati. Con l’appoggio delle banche, naturalmente.

Nel frattempo è partito il referendum tra i lavoratori sull’accordo sul contratto collettivo del trasporto aereo e l’integrativo aziendale. La consultazione indetta da Filt Cgil, Fit Cisl e Ugl su richiesta di Uil trasporti, che non ha firmato, si concluderà alle 8 di venerdì.

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