Il Club Tencomodifica il sistema di voto per l’assegnazione delle Targhe Tenco, i più importanti riconoscimenti in Italia per la musica d’autore.

Club Tenco

Fino allo scorso anno, nel mese di settembre una giuria composta da più di duecento critici e giornalisti musicali era chiamata a mandare le proprie preferenze al Club Tenco, per eleggere i migliori dischi di canzone d’autore, divisi in quattro sezioni: disco dell’anno, disco in dialetto, disco di interprete, opera prima; i voti venivano mandati pescando nell’intera e sterminata produzione musicale italiana d’oggidì.

Leggiamo cosa cambia, dal comunicato del Club: “È stata insediata una commissione di venti persone (diciannove giurati più il responsabile artistico del Club Tenco) che si occuperà di selezionare un’ampia rosa di titoli, fino a un massimo di cinquanta per categoria, fra i quali la giuria dovrà votare poi i propri preferiti”.

I nomi dei diciannove commissari cambieranno ogni anno e saranno pescati nella stessa giuria.

Da lì in poi, il meccanismo di votazione resta lo stesso. Doppio turno: “Nel primo i giurati possono indicare fino a tre preferenze per ogni categoria, scegliendo da quest’anno appunto fra i titoli prescelti dalla commissione. Nel secondo i giurati esprimeranno un solo voto tra i finalisti, ovvero tra i titoli più votati in ogni categoria, in una sorta di ballottaggio”. Questo in ottobre.

Cosa cambia e come, in pratica?

1) Non ci sarà l’enorme dispersione di voti, soprattutto per la targa “Opera prima”, degli ultimi anni.

2) Finalmente una ristretta commissione di critici e giornalisti musicali sarà “obbligata” a fare il proprio mestiere: fare da filtro, discernere nel mare magnum della proposta musicale odierna.

3) Questa commissione farà anche da garante e da “frangiflutti” rispetto a quegli uffici stampa che in genere mandano – sin dalla primavera a volte – dodici mail al giorno e centocinque messaggi su Facebook, per segnalare il proprio artista candidato alle Targhe.

4) Torna, in questo modo (e finalmente), la sezione dedicata alla canzone dell’anno, che presumibilmente fu tolta tempo fa per via dell’enorme e ovvia dispersione dei voti, vista una giuria così ampia.

Dispersione dei voti ok ma, provando a trovare altri motivi che hanno portato al cambio delle regole, vengono fuori ipotesi deprimenti. La mia impressione è che fino allo scorso anno buona parte dei duecento giurati chiamati a votare, nonostante fossero professionisti del settore, non ascoltassero i dischi e si limitassero – all’ultimo momento, pressati dalla scadenza dell’invio dei voti – ad assecondare le proposte sfiancanti degli uffici stampa più intraprendenti o influenti, quando non l’indicazione fidata e risolutrice dell’amico giurato.

È solamente una lettura personale di certi risultati degli anni scorsi, per carità, ma uno scenario del genere non è inverosimile, soprattutto nel nostro Paese. Sono poi certo che questo accadesse unicamente per un motivo: inaccettabile pigrizia. Ora, quantomeno, c’è una rosa di cinquanta titoli da consultare, che viene fuori da un discernimento concertato ad hoc.

La depressione viene nel pensare che ci sia bisogno di stratagemmi del genere per far lavorare le persone.

C’è da augurarsi che, a certi critici e giornalisti, capitino idraulici pigri ed elettricisti svogliati, vita natural durante.

Ma può essere benissimo che la mia lettura sia del tutto sballata.

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