Come nei giochi di prestigio, quando un aereo sparisce dai radar non scompare. Dal cielo o da terra c’è sempre qualcosa che tiene sotto controllo la situazione. E magari salta fuori qualche “testimone” imprevisto…

Gli apparati a bordo. Un sofisticato sistema di comunicazione riceve costantemente informazioni sulla posizione del velivolo, che spedisce a terra le coordinate del gps, quota ed altri dati avvalendosi di differenti generi di soluzioni trasmissive. Le informazioni sono inviate utilizzando ad esempio l’Aircraft Communications Addressing and Reporting System (Acars), che sfrutta tecnologie diverse come canali Vhf, satelliti e reti ad alta frequenza. Altro strumento è quello dei “transponder”, dispositivi che rispondono a costanti sollecitazioni dalle torri di controllo cui inviano brevissimi segnali che consentono di sapere che è tutto ok e dove si trova l’aeromobile (si parla in questo caso di sistema radar secondario). Network satellitari di telefonia e dati (Globalstar, Inmarsat, Iridium e Thuraya) e reti gsm (dove tale segnale riesce ad arrivare) completano la tentacolare architettura di comunicazione.

La scatola nera. Nella malaugurata ipotesi qualcuno decidesse di oscurare ogni genere di contatto (e l’abbiamo visto nel caso della precedente disavventura della Malaysia Airlines), tutte le informazioni relative al volo non vanno perdute: posizione, altitudine, velocità, dati tecnici della sensoristica di bordo vengono memorizzati all’interno del cosiddetto Flight Data Recorder. Resta traccia di tutto, persino l’audio delle conversazioni in cabina di comando che viene registrato da un altro dispositivo che i tecnici chiamano Cockpit Voice Recorder. Questi due aggeggi, spesso inglobati in un unico corpo e normalmente identificati con la dizione “scatola nera” (anche se la stessa è di colore rosso-arancio), sono o dovrebbero essere facilmente rinvenibili dopo un incidente perché dotati di un “pinger” che invia un segnale di localizzazione per un intervallo di 30 giorni anche in caso di caduta in mare.

Misteri e sorprese del volo MH17. A questo punto, in attesa di conoscere il contenuto delle scatole nere, viene da chiedersi chi avrebbe detto al presidente Obama che il missile che ha abbattuto il Boeing 777 delle linee aeree malesi era stato lanciato dalle formazioni filorusse. Sembrerebbe che a sapere tutto sia il personale tecnico del National Reconnaissance Office, a quanto pare in possesso di immagini ed altre elementi probatori. Questi impenitenti curiosoni sul sito www.nro.gov non esitano a dichiarare che quando gli Stati Uniti hanno bisogno di occhi ed orecchie in aree così critiche da non consentire soluzioni “umane”, là entrano in gioco loro. Proprio come i duri di John Belushi. La struttura, padrona dei cieli ed iper-segreta dal 1961 al 1992 (quando la sua esistenza venne portata a conoscenza del pubblico), avrebbe acquisito foto e video di un’area che non sorprende affatto fosse sotto osservazione. Utilizzando sensori ad infrarossi ed altri mezzi di intelligence elettronica, quelli di Nro riescono a “vedere” le rampe di lancio di missili terra-aria e a rilevare segnali radar associati a sistemi Buk (apparati bellici all’origine dell’abbattimento). A fotografare l’accaduto sarebbe stato lo Sbirs (Space Based Infrared System), erede molto evoluto della costellazione satellitare Dsp (Defense Support Program) già in funzione negli anni Sessanta e sovente utilizzata con finalità civili per tener d’occhio grandi incendi ed eruzioni vulcaniche.

Il giallo di Wikipedia. A margine dell’immane disgrazia, il governo russo si sarebbe affrettato a modificare la pagina di Wikipedia relativa agli incidenti aerei e a indicare il caso come un abbattimento effettuato dalle forze militari ucraine. Chi ha corretto ha dimenticato che Wiki conserva tutte le versioni e riporta il numero di Ip di chi ne è l’autore. Ci mancava pure Internet…

Il Fatto Quotidiano, 22 luglio 2014

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